{"componentChunkName":"component---src-templates-approfondimento-template-it-jsx","path":"/it/sismico/attivita/","result":{"data":{"node":{"drupal_internal__nid":155569,"field_categoria_primaria":"approfondimento","title":"Rischio sismico. Le attività","field_titolo_esteso":"Rischio sismico. Le attività","field_id_contenuto_originale":155570,"field_data":"2016-07-28T13:36:00+02:00","field_tipo_approfondimento":"0","path":{"alias":"/sismico/attivita"},"field_link_esterni":[{"title":"Ingv - Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia","uri":"http://www.ingv.it"},{"title":"ReLUIS - Rete dei Laboratori Universitari di Ingegneria Sismica","uri":"http://www.reluis.it/"},{"title":"Eucentre - European Centre for Training and Research in Earthquake Engineering","uri":"http://www.eucentre.it/"},{"title":"Istat - Istituto Nazionale di Statistica","uri":"http://www.istat.it/"}],"field_abstract":null,"body":{"processed":"

Il Dipartimento della Protezione civile svolge attività per valutare, prevenire e mitigare il rischio sismico in Italia, anche avvalendosi dei Centri di Competenza e delle strutture operative

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Oggi la scienza non è ancora in grado di prevedere il tempo ed il luogo esatti in cui avverrà il prossimo terremoto. L'unica previsione possibile è di tipo statistico, basata sulla conoscenza della sismicità che ha storicamente interessato il nostro territorio e quindi sulla ricorrenza dei terremoti.

\n

Sappiamo quali sono le aree del nostro Paese interessate da una elevata sismicità, per frequenza ed intensità dei terremoti, e quindi dove è più probabile che si verifichi un evento sismico di forte intensità, ma non è possibile stabilire con esattezza il momento in cui si verificherà.

\n

La previsione di tipo probabilistico consente di individuare le aree pericolose e di classificarle in funzione della probabilità che si verifichino forti terremoti e della frequenza con cui ce li possiamo aspettare. Per definire con maggiore precisione l’intervallo di tempo in cui in un dato luogo ci si può aspettare con maggiore probabilità un terremoto, occorrerebbe conoscere quanta energia si è accumulata nella struttura sismogenetica che può scatenare un terremoto in quel luogo e il modo in cui si libererà l’energia, cioè se un po' per volta con molte scosse di bassa magnitudo, oppure con pochi eventi molto forti. Ma anche attraverso lo studio approfondito delle strutture sismogenetiche non saremmo in grado di stabilire il momento esatto in cui avverrà il prossimo terremoto.

\n

Negli ultimi anni la scienza ha fatto notevoli progressi nello studio dei precursori sismici, ovvero di quei parametri chimici e fisici del suolo e del sottosuolo che subiscono variazioni osservabili prima del verificarsi di un terremoto. In futuro lo studio sistematico di questi precursori potrebbe consentire di fissare l’istante iniziale del terremoto, anche se si dovranno evitare falsi allarmi, che potrebbero risultare ancora più dannosi.

\n

La ricerca sui precursori di un terremoto si è concentrata su:

\n

Nonostante la comprensione del fenomeno e la conferma della validità del modello genetico del terremoto ipotizzato dai sismologi, la previsione dei terremoti basata sui precursori ha dato finora risultati deludenti e contraddittori. Nessun precursore si verifica regolarmente prima di ogni terremoto importante, per questo la ricerca sui sta orientando verso l’osservazione contemporanea di più fenomeni.

\n

Per evitare gli effetti di una scossa sismica è necessario ridurre i fattori di rischio, agendo in particolare sulla qualità delle costruzioni. La prevenzione resta dunque l’unico modo efficace per ridurre le conseguenze di un terremoto.

\n","value":"

Oggi la scienza non è ancora in grado di prevedere il tempo ed il luogo esatti in cui avverrà il prossimo terremoto. L'unica previsione possibile è di tipo statistico, basata sulla conoscenza della sismicità che ha storicamente interessato il nostro territorio e quindi sulla ricorrenza dei terremoti.
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\r\nSappiamo quali sono le aree del nostro Paese interessate da una elevata sismicità, per frequenza ed intensità dei terremoti, e quindi dove è più probabile che si verifichi un evento sismico di forte intensità, ma non è possibile stabilire con esattezza il momento in cui si verificherà.
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\r\nLa previsione di tipo probabilistico consente di individuare le aree pericolose e di classificarle in funzione della probabilità che si verifichino forti terremoti e della frequenza con cui ce li possiamo aspettare. Per definire con maggiore precisione l’intervallo di tempo in cui in un dato luogo ci si può aspettare con maggiore probabilità un terremoto, occorrerebbe conoscere quanta energia si è accumulata nella struttura sismogenetica che può scatenare un terremoto in quel luogo e il modo in cui si libererà l’energia, cioè se un po' per volta con molte scosse di bassa magnitudo, oppure con pochi eventi molto forti. Ma anche attraverso lo studio approfondito delle strutture sismogenetiche non saremmo in grado di stabilire il momento esatto in cui avverrà il prossimo terremoto.

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Negli ultimi anni la scienza ha fatto notevoli progressi nello studio dei precursori sismici, ovvero di quei parametri chimici e fisici del suolo e del sottosuolo che subiscono variazioni osservabili prima del verificarsi di un terremoto. In futuro lo studio sistematico di questi precursori potrebbe consentire di fissare l’istante iniziale del terremoto, anche se si dovranno evitare falsi allarmi, che potrebbero risultare ancora più dannosi.

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La ricerca sui precursori di un terremoto si è concentrata su:

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Nonostante la comprensione del fenomeno e la conferma della validità del modello genetico del terremoto ipotizzato dai sismologi, la previsione dei terremoti basata sui precursori ha dato finora risultati deludenti e contraddittori. Nessun precursore si verifica regolarmente prima di ogni terremoto importante, per questo la ricerca sui sta orientando verso l’osservazione contemporanea di più fenomeni.

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Per evitare gli effetti di una scossa sismica è necessario ridurre i fattori di rischio, agendo in particolare sulla qualità delle costruzioni. La prevenzione resta dunque l’unico modo efficace per ridurre le conseguenze di un terremoto.

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Per preparare le strutture del Dipartimento della Protezione Civile a fronteggiare e gestire un’emergenza sono necessari specifici piani di emergenza. In essi sono individuati gli obiettivi da conseguire per organizzare un'adeguata risposta da parte del Dipartimento della Protezione Civile al verificarsi dell'evento. Un piano di emergenza predispone un sistema articolato di attivazione di uomini e mezzi, organizzati secondo un quadro logico e temporalmente coordinato che costituisce il modello di intervento.

\n

La base conoscitiva per dimensionare le risorse da mettere in campo è costituita dagli scenari di danno, ossia strumenti di previsione del possibile danneggiamento e del conseguente coinvolgimento della popolazione. Tali scenari sono definiti sulla scorta dei dati territoriali di esposizione e vulnerabilità e sulla base di eventi di riferimento il cui verificarsi sia ritenuto più probabile a seconda dell’intervallo temporale selezionato.
\nLa valutazione di tali scenari sismici, che non si limitano ad una stima dell’entità dello scuotimento, ma puntano direttamente ad una valutazione immediata delle perdite, riveste una particolare importanza per i compiti che il Dipartimento della Protezione Civile è tenuto a svolgere.

\n

La conoscenza di uno “scenario di danno” permette di ottenere un quadro territoriale dell’area coinvolta dall’evento fornendo, quindi, importanti informazioni, quali la localizzazione e l’estensione dell’area maggiormente colpita, la funzionalità delle reti dei trasporti, delle vie di comunicazione e delle linee di distribuzione, oltre che le perdite attese in termini di vite umane, feriti, senza tetto, edifici crollati e danneggiati ed il corrispondente danno economico, con ovvie ricadute sulle attività di Protezione Civile, sia nelle attività di pianificazione che di gestione dell’emergenza. Nel primo caso, le informazioni consentono di identificare e descrivere l’evento/i di riferimento allo scopo di dimensionare le risorse umane, i materiali da utilizzare e la loro allocazione da prevedere nel piano. In tale ambito, il Dipartimento di Protezione Civile fornisce il proprio supporto alle Regioni nelle loro funzioni di pianificazione e indirizzo nei confronti degli Enti locali minori, Province, Comuni, Comunità Montane, fornendo, per uno o più eventi di riferimento, a cui far corrispondere diversi livelli di attivazione dei piani del Dipartimento della Protezione Civile, le informazioni riguardanti il loro impatto sul territorio.
\nNel secondo caso, invece, le informazioni forniscono nell’immediato una descrizione dell’evento reale e del suo impatto sul territorio, a supporto delle attività per il superamento dell’emergenza.

\n

Gli strumenti che attualmente sono disponibili presso il Dipartimento della Protezione Civile per la valutazione degli scenari di danno sono:

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Per preparare le strutture del Dipartimento della Protezione Civile a fronteggiare e gestire un’emergenza sono necessari specifici piani di emergenza. In essi sono individuati gli obiettivi da conseguire per organizzare un'adeguata risposta da parte del Dipartimento della Protezione Civile al verificarsi dell'evento. Un piano di emergenza predispone un sistema articolato di attivazione di uomini e mezzi, organizzati secondo un quadro logico e temporalmente coordinato che costituisce il modello di intervento.

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La base conoscitiva per dimensionare le risorse da mettere in campo è costituita dagli scenari di danno, ossia strumenti di previsione del possibile danneggiamento e del conseguente coinvolgimento della popolazione. Tali scenari sono definiti sulla scorta dei dati territoriali di esposizione e vulnerabilità e sulla base di eventi di riferimento il cui verificarsi sia ritenuto più probabile a seconda dell’intervallo temporale selezionato.
\r\nLa valutazione di tali scenari sismici, che non si limitano ad una stima dell’entità dello scuotimento, ma puntano direttamente ad una valutazione immediata delle perdite, riveste una particolare importanza per i compiti che il Dipartimento della Protezione Civile è tenuto a svolgere.

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La conoscenza di uno “scenario di danno” permette di ottenere un quadro territoriale dell’area coinvolta dall’evento fornendo, quindi, importanti informazioni, quali la localizzazione e l’estensione dell’area maggiormente colpita, la funzionalità delle reti dei trasporti, delle vie di comunicazione e delle linee di distribuzione, oltre che le perdite attese in termini di vite umane, feriti, senza tetto, edifici crollati e danneggiati ed il corrispondente danno economico, con ovvie ricadute sulle attività di Protezione Civile, sia nelle attività di pianificazione che di gestione dell’emergenza. Nel primo caso, le informazioni consentono di identificare e descrivere l’evento/i di riferimento allo scopo di dimensionare le risorse umane, i materiali da utilizzare e la loro allocazione da prevedere nel piano. In tale ambito, il Dipartimento di Protezione Civile fornisce il proprio supporto alle Regioni nelle loro funzioni di pianificazione e indirizzo nei confronti degli Enti locali minori, Province, Comuni, Comunità Montane, fornendo, per uno o più eventi di riferimento, a cui far corrispondere diversi livelli di attivazione dei piani del Dipartimento della Protezione Civile, le informazioni riguardanti il loro impatto sul territorio.
\r\nNel secondo caso, invece, le informazioni forniscono nell’immediato una descrizione dell’evento reale e del suo impatto sul territorio, a supporto delle attività per il superamento dell’emergenza.

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Gli strumenti che attualmente sono disponibili presso il Dipartimento della Protezione Civile per la valutazione degli scenari di danno sono:

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Istituzione e composizione
\nLa Commissione Internazionale sulla Previsione dei Terremoti per la Protezione Civile (ICEF- International Commission on Earthquake Forecasting for Civil Protection) è stata istituita in base all’articolo 6 dell’ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3757, del 21 aprile 2009.

\n

I Commissari sono geo-scienziati provenienti da Cina, Francia, Germania, Grecia, Italia, Giappone, Russia, Regno Unito e Stati Uniti, con una vasta esperienza nella previsione probabilistica e nella predizione deterministica dei terremoti. La Commissione è presieduta dal prof. Thomas H. Jordan, Direttore del Southern California Earthquake Centre e Professore di Scienze della Terra presso la University of Southern California, Los Angeles, USA.

\n

Compiti
\nLa Commissione è stata nominata da Guido Bertolaso, Capo del Dipartimento della Protezione Civile fino a novembre 2010, con l’incarico di:

\n

1. elaborare un rapporto sullo stato attuale delle conoscenze sulla predizione deterministica e sulla previsione probabilistica a breve termine dei terremoti tettonici;

\n

2. indicare linee guida per l’utilizzo di possibili precursori di forti terremoti per indirizzare azioni di protezione civile, incluso l’utilizzo di analisi di pericolosità sismica probabilistica in attesa di un forte terremoto.

\n

Risultati
\nLa Commissione ha inziato le proprie attività il 12 maggio 2009, e il 2 ottobre 2009 ha consegnato un executive summary sui risultati conseguiti rispetto ai temi dell’incarico. Il 30 maggio 2011 la Commissione ha consegnato al Dipartimento un rapporto finale, esteso, sugli stessi temi.

\n

A causa della complessità dell’argomento trattato e della difficoltà di traduzione di alcuni termini scientifici, non si riporta la traduzione in italiano del rapporto finale. Si è ritenuto, infatti, opportuno non fornire un testo italiano impreciso o interpretabile diversamente dalle intenzioni degli autori.

\n","value":"

Istituzione e composizione
\r\nLa Commissione Internazionale sulla Previsione dei Terremoti per la Protezione Civile (ICEF- International Commission on Earthquake Forecasting for Civil Protection) è stata istituita in base all’articolo 6 dell’ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3757, del 21 aprile 2009.
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\r\nI Commissari sono geo-scienziati provenienti da Cina, Francia, Germania, Grecia, Italia, Giappone, Russia, Regno Unito e Stati Uniti, con una vasta esperienza nella previsione probabilistica e nella predizione deterministica dei terremoti. La Commissione è presieduta dal prof. Thomas H. Jordan, Direttore del Southern California Earthquake Centre e Professore di Scienze della Terra presso la University of Southern California, Los Angeles, USA.
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\r\nCompiti
\r\nLa Commissione è stata nominata da Guido Bertolaso, Capo del Dipartimento della Protezione Civile fino a novembre 2010, con l’incarico di:

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1. elaborare un rapporto sullo stato attuale delle conoscenze sulla predizione deterministica e sulla previsione probabilistica a breve termine dei terremoti tettonici;

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2. indicare linee guida per l’utilizzo di possibili precursori di forti terremoti per indirizzare azioni di protezione civile, incluso l’utilizzo di analisi di pericolosità sismica probabilistica in attesa di un forte terremoto.

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Risultati
\r\nLa Commissione ha inziato le proprie attività il 12 maggio 2009, e il 2 ottobre 2009 ha consegnato un executive summary sui risultati conseguiti rispetto ai temi dell’incarico. Il 30 maggio 2011 la Commissione ha consegnato al Dipartimento un rapporto finale, esteso, sugli stessi temi.
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\r\nA causa della complessità dell’argomento trattato e della difficoltà di traduzione di alcuni termini scientifici, non si riporta la traduzione in italiano del rapporto finale. Si è ritenuto, infatti, opportuno non fornire un testo italiano impreciso o interpretabile diversamente dalle intenzioni degli autori.

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Il Dipartimento elabora i criteri e le metodologie per la valutazione e la riduzione del rischio sismico, sviluppa le competenze tecnico-scientifiche per la previsione dell’impatto del terremoto sul territorio e opera per l’ottimizzazione degli interventi in condizioni di emergenza e di ricostruzione post-sisma.

\n

Inoltre, formula indirizzi in ordine alla classificazione sismica e alla normativa per le costruzioni in zona sismica, dà supporto tecnico ed assistenza alle altre amministrazioni centrali e periferiche dello Stato e monitora il territorio per determinare rapidamente le caratteristiche e gli effetti dei terremoti. Promuove e realizza iniziative di sensibilizzazione sui temi del rischio sismico e della prevenzione, come ad esempio la mostra itinerante Terremoti d’Italia.

\n

Questi compiti vengono svolti con il supporto scientifico e operativo dei centri di competenza per il rischio sismico: Ingv - Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, per gli aspetti sismologici, ReLUIS - Rete dei Laboratori Universitari di Ingegneria Sismica e Eucentre - Centro Europeo per la formazione e la ricerca in ingegneria sismica, per gli aspetti ingegneristici.

\n

Un’efficace strategia di mitigazione del rischio sismico richiede un costante impegno per migliorare le conoscenze sulle cause del fenomeno, approfondire gli studi sul comportamento delle strutture sottoposte alle azioni sismiche e migliorare gli interventi in emergenza.

\n

Il rischio sismico, infatti, oltre che al verificarsi del fenomeno fisico, è indissolubilmente legato alla presenza dell’uomo. Poiché non è possibile prevedere il verificarsi dei terremoti, l’unica strategia applicabile è quella di limitare gli effetti del fenomeno sull’ambiente antropizzato, attuando adeguate politiche di prevenzione e riduzione del rischio sismico.

\n

In particolare:\n

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Il Dipartimento elabora i criteri e le metodologie per la valutazione e la riduzione del rischio sismico, sviluppa le competenze tecnico-scientifiche per la previsione dell’impatto del terremoto sul territorio e opera per l’ottimizzazione degli interventi in condizioni di emergenza e di ricostruzione post-sisma.
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\r\nInoltre, formula indirizzi in ordine alla classificazione sismica e alla normativa per le costruzioni in zona sismica, dà supporto tecnico ed assistenza alle altre amministrazioni centrali e periferiche dello Stato e monitora il territorio per determinare rapidamente le caratteristiche e gli effetti dei terremoti. Promuove e realizza iniziative di sensibilizzazione sui temi del rischio sismico e della prevenzione, come ad esempio la mostra itinerante Terremoti d’Italia.
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\r\nQuesti compiti vengono svolti con il supporto scientifico e operativo dei centri di competenza per il rischio sismico: Ingv - Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, per gli aspetti sismologici, ReLUIS - Rete dei Laboratori Universitari di Ingegneria Sismica e Eucentre - Centro Europeo per la formazione e la ricerca in ingegneria sismica, per gli aspetti ingegneristici.
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\r\nUn’efficace strategia di mitigazione del rischio sismico richiede un costante impegno per migliorare le conoscenze sulle cause del fenomeno, approfondire gli studi sul comportamento delle strutture sottoposte alle azioni sismiche e migliorare gli interventi in emergenza.

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Il rischio sismico, infatti, oltre che al verificarsi del fenomeno fisico, è indissolubilmente legato alla presenza dell’uomo. Poiché non è possibile prevedere il verificarsi dei terremoti, l’unica strategia applicabile è quella di limitare gli effetti del fenomeno sull’ambiente antropizzato, attuando adeguate politiche di prevenzione e riduzione del rischio sismico.
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Per ridurre gli effetti del terremoto, l’azione dello Stato si è concentrata sulla classificazione del territorio, in base all’intensità e frequenza dei terremoti del passato, e sull’applicazione di speciali norme per le costruzioni nelle zone classificate sismiche.
\nLa legislazione antisismica italiana, allineata alle più moderne normative a livello internazionale prescrive norme tecniche in base alle quali un edificio debba sopportare senza gravi danni i terremoti meno forti e senza crollare i terremoti più forti, salvaguardando prima di tutto le vite umane.

\n

Sino al 2003 il territorio nazionale era classificato in tre categorie sismiche a diversa severità. I Decreti Ministeriali emanati dal Ministero dei Lavori Pubblici tra il 1981 ed il 1984 avevano classificato complessivamente 2.965 comuni italiani su di un totale di 8.102, che corrispondono al 45% della superficie del territorio nazionale, nel quale risiede il 40% della popolazione.
\nNel 2003 sono stati emanati i criteri di nuova classificazione sismica del territorio nazionale, basati sugli studi e le elaborazioni più recenti relative alla pericolosità sismica del territorio, ossia sull’analisi della probabilità che il territorio venga interessato in un certo intervallo di tempo (generalmente 50 anni) da un evento che superi una determinata soglia di intensità o magnitudo.
\nA tal fine è stata pubblicata l’Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3274 del 20 marzo 2003, sulla Gazzetta Ufficiale n. 105 dell’8 maggio 2003.

\n

Il provvedimento detta i principi generali sulla base dei quali le Regioni, a cui lo Stato ha delegato l’adozione della classificazione sismica del territorio (Decreto Legislativo n. 112 del 1998 e Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 - \"Testo Unico delle Norme per l’Edilizia”), hanno compilato l’elenco dei comuni con la relativa attribuzione ad una delle quattro zone, a pericolosità decrescente, nelle quali è stato riclassificato il territorio nazionale.

\n

Zona 1 - E’ la zona più pericolosa. La probabilità che capiti un forte terremoto è alta

\n

Zona 2 - In questa zona forti terremoti sono possibili

\n

Zona 3 - In questa zona i forti terremoti sono meno probabili rispetto alla zona 1 e 2

\n

Zona 4 - E’ la zona meno pericolosa: la probabilità che capiti un terremoto è molto bassa

\n

Di fatto, sparisce il territorio “non classificato”, e viene introdotta la zona 4, nella quale è facoltà delle Regioni prescrivere l’obbligo della progettazione antisismica. A ciascuna zona, inoltre, viene attribuito un valore dell’azione sismica utile per la progettazione, espresso in termini di accelerazione massima su roccia (zona 1=0.35 g, zona 2=0.25 g. zona 3=0.15 g, zona 4=0.05 g).

\n

L'attuazione dell'ordinanza n.3274 del 2003 ha permesso di ridurre notevolmente la distanza fra la conoscenza scientifica consolidata e la sua traduzione in strumenti normativi e ha portato a progettare e realizzare costruzioni nuove, più sicure ed aperte all’uso di tecnologie innovative.

\n

Le novità introdotte con l’ordinanza sono state pienamente recepite e ulteriormente affinate, grazie anche agli studi svolti dai centri di competenza (Ingv, Reluis, Eucentre). Un aggiornamento dello studio di pericolosità di riferimento nazionale (Gruppo di Lavoro, 2004), previsto dall’opcm 3274/03, è stato adottato con l’Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3519 del 28 aprile 2006.
\nIl nuovo studio di pericolosità, allegato all’Opcm n. 3519, ha fornito alle Regioni uno strumento aggiornato per la classificazione del proprio territorio, introducendo degli intervalli di accelerazione (ag), con probabilità di superamento pari al 10% in 50 anni, da attribuire alle 4 zone sismiche.

\n

Suddivisione delle zone sismiche in relazione all’accelerazione di picco su terreno rigido (OPCM 3519/06 in allegato) - vedi tabella in fondo alla pagina

\n

Nel rispetto degli indirizzi e criteri stabiliti a livello nazionale, alcune Regioni hanno classificato il territorio nelle quattro zone proposte, altre Regioni hanno classificato diversamente il proprio territorio, ad esempio adottando solo tre zone (zona 1, 2 e 3) e introducendo, in alcuni casi, delle sottozone per meglio adattare le norme alle caratteristiche di sismicità.
\nPer il dettaglio e significato delle zonazioni di ciascuna Regione, si rimanda alle disposizioni normative regionali.
\nQualunque sia stata la scelta regionale, a ciascuna zona o sottozone è attribuito un valore di pericolosità di base, espressa in termini di accelerazione massima su suolo rigido (ag). Tale valore di pericolosità di base non ha però influenza sulla progettazione.

\n

Le attuali Norme Tecniche per le Costruzioni (Decreto Ministeriale del 14 gennaio 2008), infatti, hanno modificato il ruolo che la classificazione sismica aveva ai fini progettuali: per ciascuna zona – e quindi territorio comunale – precedentemente veniva fornito un valore di accelerazione di picco e quindi di spettro di risposta elastico da utilizzare per il calcolo delle azioni sismiche.
\nDal 1 luglio 2009 con l’entrata in vigore delle Norme Tecniche per le Costruzioni del 2008, per ogni costruzione ci si deve riferire ad una accelerazione di riferimento “propria” individuata sulla base delle coordinate geografiche dell’area di progetto e in funzione della vita nominale dell’opera. Un valore di pericolosità di base, dunque, definito per ogni punto del territorio nazionale, su una maglia quadrata di 5 km di lato, indipendentemente dai confini amministrativi comunali.
\nLa classificazione sismica (zona sismica di appartenenza del comune) rimane utile solo per la gestione della pianificazione e per il controllo del territorio da parte degli enti preposti (Regione, Genio civile, ecc.).

\n","value":"

Per ridurre gli effetti del terremoto, l’azione dello Stato si è concentrata sulla classificazione del territorio, in base all’intensità e frequenza dei terremoti del passato, e sull’applicazione di speciali norme per le costruzioni nelle zone classificate sismiche.
\r\nLa legislazione antisismica italiana, allineata alle più moderne normative a livello internazionale prescrive norme tecniche in base alle quali un edificio debba sopportare senza gravi danni i terremoti meno forti e senza crollare i terremoti più forti, salvaguardando prima di tutto le vite umane.
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\r\nSino al 2003 il territorio nazionale era classificato in tre categorie sismiche a diversa severità. I Decreti Ministeriali emanati dal Ministero dei Lavori Pubblici tra il 1981 ed il 1984 avevano classificato complessivamente 2.965 comuni italiani su di un totale di 8.102, che corrispondono al 45% della superficie del territorio nazionale, nel quale risiede il 40% della popolazione.
\r\nNel 2003 sono stati emanati i criteri di nuova classificazione sismica del territorio nazionale, basati sugli studi e le elaborazioni più recenti relative alla pericolosità sismica del territorio, ossia sull’analisi della probabilità che il territorio venga interessato in un certo intervallo di tempo (generalmente 50 anni) da un evento che superi una determinata soglia di intensità o magnitudo.
\r\nA tal fine è stata pubblicata l’Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3274 del 20 marzo 2003, sulla Gazzetta Ufficiale n. 105 dell’8 maggio 2003.
\r\n
\r\nIl provvedimento detta i principi generali sulla base dei quali le Regioni, a cui lo Stato ha delegato l’adozione della classificazione sismica del territorio (Decreto Legislativo n. 112 del 1998 e Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 - \"Testo Unico delle Norme per l’Edilizia”), hanno compilato l’elenco dei comuni con la relativa attribuzione ad una delle quattro zone, a pericolosità decrescente, nelle quali è stato riclassificato il territorio nazionale.

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Zona 1 - E’ la zona più pericolosa. La probabilità che capiti un forte terremoto è alta

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Zona 2 - In questa zona forti terremoti sono possibili

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Zona 3 - In questa zona i forti terremoti sono meno probabili rispetto alla zona 1 e 2

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Zona 4 - E’ la zona meno pericolosa: la probabilità che capiti un terremoto è molto bassa

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Di fatto, sparisce il territorio “non classificato”, e viene introdotta la zona 4, nella quale è facoltà delle Regioni prescrivere l’obbligo della progettazione antisismica. A ciascuna zona, inoltre, viene attribuito un valore dell’azione sismica utile per la progettazione, espresso in termini di accelerazione massima su roccia (zona 1=0.35 g, zona 2=0.25 g. zona 3=0.15 g, zona 4=0.05 g).
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\r\nL'attuazione dell'ordinanza n.3274 del 2003 ha permesso di ridurre notevolmente la distanza fra la conoscenza scientifica consolidata e la sua traduzione in strumenti normativi e ha portato a progettare e realizzare costruzioni nuove, più sicure ed aperte all’uso di tecnologie innovative.
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\r\nLe novità introdotte con l’ordinanza sono state pienamente recepite e ulteriormente affinate, grazie anche agli studi svolti dai centri di competenza (Ingv, Reluis, Eucentre). Un aggiornamento dello studio di pericolosità di riferimento nazionale (Gruppo di Lavoro, 2004), previsto dall’opcm 3274/03, è stato adottato con l’Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3519 del 28 aprile 2006.
\r\nIl nuovo studio di pericolosità, allegato all’Opcm n. 3519, ha fornito alle Regioni uno strumento aggiornato per la classificazione del proprio territorio, introducendo degli intervalli di accelerazione (ag), con probabilità di superamento pari al 10% in 50 anni, da attribuire alle 4 zone sismiche.
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\r\nSuddivisione delle zone sismiche in relazione all’accelerazione di picco su terreno rigido (OPCM 3519/06 in allegato) - vedi tabella in fondo alla pagina

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Nel rispetto degli indirizzi e criteri stabiliti a livello nazionale, alcune Regioni hanno classificato il territorio nelle quattro zone proposte, altre Regioni hanno classificato diversamente il proprio territorio, ad esempio adottando solo tre zone (zona 1, 2 e 3) e introducendo, in alcuni casi, delle sottozone per meglio adattare le norme alle caratteristiche di sismicità.
\r\nPer il dettaglio e significato delle zonazioni di ciascuna Regione, si rimanda alle disposizioni normative regionali.
\r\nQualunque sia stata la scelta regionale, a ciascuna zona o sottozone è attribuito un valore di pericolosità di base, espressa in termini di accelerazione massima su suolo rigido (ag). Tale valore di pericolosità di base non ha però influenza sulla progettazione.
\r\n
\r\nLe attuali Norme Tecniche per le Costruzioni (Decreto Ministeriale del 14 gennaio 2008), infatti, hanno modificato il ruolo che la classificazione sismica aveva ai fini progettuali: per ciascuna zona – e quindi territorio comunale – precedentemente veniva fornito un valore di accelerazione di picco e quindi di spettro di risposta elastico da utilizzare per il calcolo delle azioni sismiche.
\r\nDal 1 luglio 2009 con l’entrata in vigore delle Norme Tecniche per le Costruzioni del 2008, per ogni costruzione ci si deve riferire ad una accelerazione di riferimento “propria” individuata sulla base delle coordinate geografiche dell’area di progetto e in funzione della vita nominale dell’opera. Un valore di pericolosità di base, dunque, definito per ogni punto del territorio nazionale, su una maglia quadrata di 5 km di lato, indipendentemente dai confini amministrativi comunali.
\r\nLa classificazione sismica (zona sismica di appartenenza del comune) rimane utile solo per la gestione della pianificazione e per il controllo del territorio da parte degli enti preposti (Regione, Genio civile, ecc.).

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La Ran - Rete Accelerometrica Nazionale, è una rete di monitoraggio che registra la risposta del territorio italiano al terremoto, in termini di accelerazioni del suolo.

\n

I dati prodotti permettono di descrivere nel dettaglio lo scuotimento sismico nell’area dell’epicentro, consentono di stimare gli effetti attesi sulle costruzioni e sulle infrastrutture, sono utili per gli studi di sismologia e di ingegneria sismica e possono contribuire a definire l'azione sismica da applicare nei calcoli strutturali per la ricostruzione.

\n

La Ran è distribuita sull’intero territorio nazionale, con maggiore densità nelle zone ad alta sismicità. La rete è gestita da personale specializzato del Servizio Rischio Sismico dell'Ufficio attività tecnico-scientifiche per la prevenzione e previsione dei rischi del Dipartimento della Protezione Civile.

\n

Attuale configurazione
\nLa RAN attualmente è costituita da 647 postazioni digitali provviste di un accelerometro, un digitalizzatore, un modem/router con un'antenna per trasmettere i dati digitalizzati via GPRS ed un ricevitore GPS per associare al dato il tempo universale UTC e per misurare la latitudine e longitudine della postazione. Di queste 647 postazioni,234 sono inserite all’interno di cabine di trasformazione elettrica di Enel Distribuzione e 413 sono posizionate su terreni di proprietà pubblica (dati aggiornati a febbraio 2022).

\n

I dati affluiscono al server centrale della Ran nella sede del Dipartimento della Protezione Civile, dove vengono acquisiti ed elaborati in maniera automatica per ottenere una stima dei principali parametri descrittivi della scossa sismica.

\n

Al database della Ran affluiscono in tempo quasi reale i dati provenienti da altre reti accelerometriche di proprietà pubblica, in base a intese programmatiche e a convenzioni. I parametri e le forme d’onda sono archiviati automaticamente nel database centrale e sono poi resi disponibili su questo sito: ran.protezionecivile.it.

\n

Il database della Ran è consultabile con il collegamento presente tra i link esterni. 
\n 

\n

In evidenza

\n

Terremoto Pollino del 25 ottobre 2012: primo rapporto “Strong motion dataset”
Terzo rapporto \"The Emilia thurst earthquake of May 2012 (Northern Italy) - strong motion dataset\"
Secondo rapporto: \"The Ferrara arc thrust earthquakes of May-June 2012 (Northern Italy): strong motion and geological observations\"
Primo rapporto “The Emilia thrust earthquake of 20 May 2012 (Northern Italy): strong motion and geological observations”
Evento sismico del 29 maggio 2012 delle ore 7:00 di Ml 5.8 nella Pianura Padana
Evento sismico del 20 maggio 2012 delle ore 2:03 di Ml 5.9 nella Pianura Padana
Evento sismico del 20 maggio 2012 delle ore 13:18 di Ml 5.1 nella Pianura Padana  

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La Ran - Rete Accelerometrica Nazionale, è una rete di monitoraggio che registra la risposta del territorio italiano al terremoto, in termini di accelerazioni del suolo.
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\r\nI dati prodotti permettono di descrivere nel dettaglio lo scuotimento sismico nell’area dell’epicentro, consentono di stimare gli effetti attesi sulle costruzioni e sulle infrastrutture, sono utili per gli studi di sismologia e di ingegneria sismica e possono contribuire a definire l'azione sismica da applicare nei calcoli strutturali per la ricostruzione.
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\r\nAttuale configurazione
\r\nLa RAN attualmente è costituita da 647 postazioni digitali provviste di un accelerometro, un digitalizzatore, un modem/router con un'antenna per trasmettere i dati digitalizzati via GPRS ed un ricevitore GPS per associare al dato il tempo universale UTC e per misurare la latitudine e longitudine della postazione. Di queste 647 postazioni,234 sono inserite all’interno di cabine di trasformazione elettrica di Enel Distribuzione e 413 sono posizionate su terreni di proprietà pubblica (dati aggiornati a febbraio 2022).
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\r\nI dati affluiscono al server centrale della Ran nella sede del Dipartimento della Protezione Civile, dove vengono acquisiti ed elaborati in maniera automatica per ottenere una stima dei principali parametri descrittivi della scossa sismica.
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\r\nAl database della Ran affluiscono in tempo quasi reale i dati provenienti da altre reti accelerometriche di proprietà pubblica, in base a intese programmatiche e a convenzioni. I parametri e le forme d’onda sono archiviati automaticamente nel database centrale e sono poi resi disponibili su questo sito: ran.protezionecivile.it.
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\r\nIl database della Ran è consultabile con il collegamento presente tra i link esterni. 
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In evidenza

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Terremoto Pollino del 25 ottobre 2012: primo rapporto “Strong motion dataset”
\r\nTerzo rapporto \"The Emilia thurst earthquake of May 2012 (Northern Italy) - strong motion dataset\"
\r\nSecondo rapporto: \"The Ferrara arc thrust earthquakes of May-June 2012 (Northern Italy): strong motion and geological observations\"
\r\nPrimo rapporto “The Emilia thrust earthquake of 20 May 2012 (Northern Italy): strong motion and geological observations”
\r\nEvento sismico del 29 maggio 2012 delle ore 7:00 di Ml 5.8 nella Pianura Padana
\r\nEvento sismico del 20 maggio 2012 delle ore 2:03 di Ml 5.9 nella Pianura Padana
\r\nEvento sismico del 20 maggio 2012 delle ore 13:18 di Ml 5.1 nella Pianura Padana  

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L’Osservatorio Sismico delle Strutture (OSS) è stato ideato e viene progettato e gestito dal personale tecnico del Servizio Rischio Sismico del Dipartimento, che lo realizza con propri fondi e gare europee. Il Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, le Regioni, gli Enti locali e gli altri Enti pubblici collaborano all’individuazione delle strutture della rete permanente dell’OSS e di quelle della rete temporanea in emergenza, talvolta concorrendo finanziariamente ed operativamente. Mediante un apposito servizio di manutenzione, viene mantenuto un elevato tasso di efficienza della rete (circa il 97%).

\n

Attraverso la rete nazionale dell’OSS, il Dipartimento della Protezione Civile monitora le oscillazioni causate dal terremoto in 173 costruzioni di proprietà pubblica: 160 edifici (di cui 70 scuole pari al 44%, 46 fra municipi e prefetture pari al 29%, 29 ospedali pari al 18%, 15 altre tipologie pari all’9%) oltre a 7 ponti e 6 dighe. Queste costruzioni si trovano in comuni classificati per lo più in zona sismica 1 (35%) e 2 (54%).

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L’Osservatorio Sismico delle Strutture (OSS) è stato ideato e viene progettato e gestito dal personale tecnico del Servizio Rischio Sismico del Dipartimento, che lo realizza con propri fondi e gare europee. Il Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, le Regioni, gli Enti locali e gli altri Enti pubblici collaborano all’individuazione delle strutture della rete permanente dell’OSS e di quelle della rete temporanea in emergenza, talvolta concorrendo finanziariamente ed operativamente. Mediante un apposito servizio di manutenzione, viene mantenuto un elevato tasso di efficienza della rete (circa il 97%).

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Attraverso la rete nazionale dell’OSS, il Dipartimento della Protezione Civile monitora le oscillazioni causate dal terremoto in 173 costruzioni di proprietà pubblica: 160 edifici (di cui 70 scuole pari al 44%, 46 fra municipi e prefetture pari al 29%, 29 ospedali pari al 18%, 15 altre tipologie pari all’9%) oltre a 7 ponti e 6 dighe. Queste costruzioni si trovano in comuni classificati per lo più in zona sismica 1 (35%) e 2 (54%).

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Dopo un terremoto, l’osservazione dei danni provocati alle costruzioni e alle infrastrutture spesso evidenzia differenze sostanziali in centri abitati anche a piccola distanza tra loro. In alcuni casi si osservano crolli e danni notevoli in località che si trovano a grandi distanze dall’epicentro.
\nIn occasione del terremoto aquilano del 6 aprile 2009, situazioni di questo tipo sono state riscontrate sia all’interno del territorio comunale dell’Aquila che in alcuni comuni lontani, come a S.Pio delle Camere, nella frazione di Castelnuovo (circa 30 km a SE dall’epicentro). Sicuramente la qualità delle costruzioni può influire sull’entità del danno, ma spesso le cause vanno ricercate in una differente pericolosità sismica locale, determinata anche dal diverso modo in cui si propaga il terremoto o dall’instabilità del suolo.

\n

Tutto ciò è oggetto degli studi di Microzonazione Sismica (MS), attraverso i quali è possibile individuare e caratterizzare le zone stabili, le zone stabili suscettibili di amplificazione locale e le zone soggette a instabilità, quali frane, rotture della superficie per faglie e liquefazioni dinamiche del terreno.

\n

Gli studi storici di Microzonazione Sismica
\nLe problematiche trattate dagli studi di Microzonazione Sismica hanno avuto un forte sviluppo a livello scientifico negli ultimi 40 anni, anche se l’importanza delle caratteristiche di resistenza e stabilità dei suoli in prospettiva sismica era emersa già in epoca passata. A partire dal XVIII secolo, con l’affermarsi della visione illuminista dei fenomeni naturali, era apparso chiaro a molti studiosi che le condizioni locali dei terreni di fondazione condizionavano in modo importante gli effetti del terremoto. Già un secolo fa i criteri informatori delle Norme Tecniche approvate con regio decreto 18 aprile 1909, n. 193, a seguito del disastroso terremoto di Messina e Reggio Calabria del 1908, riportavano il divieto di nuove costruzioni e ricostruzioni “su terreni posti sopra e presso fratture, franosi o atti comunque a scoscendere, od a comunicare ai fabbricati vibrazioni e sollecitazioni tumultuarie per differente costituzione geologica o diversa resistenza delle singole parti di essi”.
\nIn ambito internazionale, uno studio del 1969 condotto da alcuni studiosi americani in occasione del terremoto di S. Francisco del 1957, evidenziò come nell’ambito della stessa città, a poche centinaia di metri di distanza, lo stesso terremoto avesse provocato scuotimenti decisamente differenti in relazione agli spessori e alle caratteristiche geomeccaniche dei terreni presenti negli strati più superficiali. Da allora sono stati eseguiti molti studi su forti terremoti (es. Friuli, 1976; Irpinia, 1980; Città del Messico, 1985; Kobe, Giappone 1992; Izmit, Turchia 1999; San Giuliano di Puglia, 2002), raccolti dati e informazioni che hanno dimostrato come le caratteristiche locali del territorio possano alterare in maniera evidente l’azione sismica.

\n

Gli obiettivi della Microzonazione Sismica
\nGli studi di Microzonazione Sismica hanno l’obiettivo di razionalizzare la conoscenza sulle alterazioni che lo scuotimento sismico può subire in superficie, restituendo informazioni utili per il governo del territorio, per la progettazione, per la pianificazione per l’emergenza e per la ricostruzione post sisma.

\n

Nella pianificazione territoriale, in funzione delle varie scale e dei vari livelli di intervento, gli studi di Microzonazione Sismica sono condotti su quelle aree per le quali il quadro normativo consenta o preveda l’uso a scopo edificatorio o per infrastrutture, la loro potenziale trasformazione a tali fini, o ne preveda l’uso ai fini di protezione civile.
\nGli studi di MS sono di fondamentale importanza nella pianificazione al fine di:
\n- orientare la scelta di aree per nuovi insediamenti
\n- definire gli interventi ammissibili in una data area
\n- programmare le indagini e i livelli di approfondimento
\n- stabilire orientamenti e modalità di intervento nelle aree urbanizzate
\n- definire priorità di intervento.

\n

Tutto ciò è oggetto degli studi di Microzonazione Sismica (MS), attraverso i quali è possibile individuare e caratterizzare le zone stabili, le zone stabili suscettibili di amplificazione locale e le zone soggette a instabilità, quali frane, rotture della superficie per faglie e liquefazioni dinamiche del terreno.

\n

Nella pianificazione d’emergenza, sia di livello comunale che provinciale, gli studi di MS consentono una migliore e consapevole individuazione degli elementi strategici di un piano di emergenza ed in generale delle risorse di protezione civile.
\nLa conoscenza dei possibili effetti locali indotti da un evento sismico su un territorio contribuisce a:
\n- scegliere aree e strutture di emergenza ed edifici strategici in zone stabili;
\n- individuare, in caso di collasso, i tratti “critici” delle infrastrutture viarie e di servizio e le opere rilevanti per le quali potrebbero essere necessarie specifiche valutazioni di sicurezza.

\n

Nella fase della ricostruzione la Microzonazione Sismica:
\n- contribuisce a scegliere le aree per le abitazioni temporanee;
\n- fornisce elementi ai tecnici e amministratori, sull’opportunità di ricostruire gli edifici non agibili;
\n- contribuisce a scegliere nuove aree edificabili.
\nNella progettazione di nuove opere o di interventi su opere esistenti, gli studi di Microzonazione Sismica evidenziano la presenza di fenomeni di possibile amplificazione dello scuotimento legati alle caratteristiche litostratigrafiche e morfologiche dell’area e di fenomeni di instabilità e deformazione permanente attivati dal sisma. Gli studi di Microzonazione Sismica, quindi, possono offrire elementi conoscitivi utili per la progettazione di opere, con differente incisività in funzione del livello di approfondimento e delle caratteristiche delle opere stesse, indirizzando alla scelta delle indagini di dettaglio.

\n

Lo studio di Microzonazione Sismica è uno strumento conoscitivo dalle diverse potenzialità, che ha costi differenti in funzione del livello di approfondimento che si vuole raggiungere:
\n- il livello 1 è un livello propedeutico ai veri e propri studi di MS, in quanto consiste in una raccolta di dati preesistenti, elaborati per suddividere il territorio in microzone qualitativamente omogenee
\n- il livello 2 introduce l’elemento quantitativo associato alle zone omogenee, utilizzando ulteriori e mirate indagini, ove necessarie, e definisce una vera carta di MS
\n- il livello 3 restituisce una carta di MS con approfondimenti su tematiche o aree particolari.
\nAl momento di decidere l’esecuzione dello studio, per stabilire il livello di approfondimento occorre tener presente l’utilità che da esso può derivare, in modo da compararla con i costi da affrontare. Il miglioramento della conoscenza prodotto dagli studi di MS può contribuire concretamente, insieme a studi di vulnerabilità ed esposizione, all’ottimizzazione delle risorse rese disponibili per interventi mirati alla mitigazione del rischio sismico.
\nLe modalità tecniche di esecuzione e di applicazione della MS sul territorio italiano sono definite dagli “Indirizzi e Criteri per la Microzonazione Sismica”, approvati recentemente dal Dipartimento della Protezione Civile e dalla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome (Gruppo di lavoro MS, 2008).
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Dopo un terremoto, l’osservazione dei danni provocati alle costruzioni e alle infrastrutture spesso evidenzia differenze sostanziali in centri abitati anche a piccola distanza tra loro. In alcuni casi si osservano crolli e danni notevoli in località che si trovano a grandi distanze dall’epicentro.
\r\nIn occasione del terremoto aquilano del 6 aprile 2009, situazioni di questo tipo sono state riscontrate sia all’interno del territorio comunale dell’Aquila che in alcuni comuni lontani, come a S.Pio delle Camere, nella frazione di Castelnuovo (circa 30 km a SE dall’epicentro). Sicuramente la qualità delle costruzioni può influire sull’entità del danno, ma spesso le cause vanno ricercate in una differente pericolosità sismica locale, determinata anche dal diverso modo in cui si propaga il terremoto o dall’instabilità del suolo.
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\r\nTutto ciò è oggetto degli studi di Microzonazione Sismica (MS), attraverso i quali è possibile individuare e caratterizzare le zone stabili, le zone stabili suscettibili di amplificazione locale e le zone soggette a instabilità, quali frane, rotture della superficie per faglie e liquefazioni dinamiche del terreno.
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\r\nGli studi storici di Microzonazione Sismica
\r\nLe problematiche trattate dagli studi di Microzonazione Sismica hanno avuto un forte sviluppo a livello scientifico negli ultimi 40 anni, anche se l’importanza delle caratteristiche di resistenza e stabilità dei suoli in prospettiva sismica era emersa già in epoca passata. A partire dal XVIII secolo, con l’affermarsi della visione illuminista dei fenomeni naturali, era apparso chiaro a molti studiosi che le condizioni locali dei terreni di fondazione condizionavano in modo importante gli effetti del terremoto. Già un secolo fa i criteri informatori delle Norme Tecniche approvate con regio decreto 18 aprile 1909, n. 193, a seguito del disastroso terremoto di Messina e Reggio Calabria del 1908, riportavano il divieto di nuove costruzioni e ricostruzioni “su terreni posti sopra e presso fratture, franosi o atti comunque a scoscendere, od a comunicare ai fabbricati vibrazioni e sollecitazioni tumultuarie per differente costituzione geologica o diversa resistenza delle singole parti di essi”.
\r\nIn ambito internazionale, uno studio del 1969 condotto da alcuni studiosi americani in occasione del terremoto di S. Francisco del 1957, evidenziò come nell’ambito della stessa città, a poche centinaia di metri di distanza, lo stesso terremoto avesse provocato scuotimenti decisamente differenti in relazione agli spessori e alle caratteristiche geomeccaniche dei terreni presenti negli strati più superficiali. Da allora sono stati eseguiti molti studi su forti terremoti (es. Friuli, 1976; Irpinia, 1980; Città del Messico, 1985; Kobe, Giappone 1992; Izmit, Turchia 1999; San Giuliano di Puglia, 2002), raccolti dati e informazioni che hanno dimostrato come le caratteristiche locali del territorio possano alterare in maniera evidente l’azione sismica.
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\r\nGli obiettivi della Microzonazione Sismica
\r\nGli studi di Microzonazione Sismica hanno l’obiettivo di razionalizzare la conoscenza sulle alterazioni che lo scuotimento sismico può subire in superficie, restituendo informazioni utili per il governo del territorio, per la progettazione, per la pianificazione per l’emergenza e per la ricostruzione post sisma.
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\r\nNella pianificazione territoriale, in funzione delle varie scale e dei vari livelli di intervento, gli studi di Microzonazione Sismica sono condotti su quelle aree per le quali il quadro normativo consenta o preveda l’uso a scopo edificatorio o per infrastrutture, la loro potenziale trasformazione a tali fini, o ne preveda l’uso ai fini di protezione civile.
\r\nGli studi di MS sono di fondamentale importanza nella pianificazione al fine di:
\r\n- orientare la scelta di aree per nuovi insediamenti
\r\n- definire gli interventi ammissibili in una data area
\r\n- programmare le indagini e i livelli di approfondimento
\r\n- stabilire orientamenti e modalità di intervento nelle aree urbanizzate
\r\n- definire priorità di intervento.
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\r\nTutto ciò è oggetto degli studi di Microzonazione Sismica (MS), attraverso i quali è possibile individuare e caratterizzare le zone stabili, le zone stabili suscettibili di amplificazione locale e le zone soggette a instabilità, quali frane, rotture della superficie per faglie e liquefazioni dinamiche del terreno.
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\r\nNella pianificazione d’emergenza, sia di livello comunale che provinciale, gli studi di MS consentono una migliore e consapevole individuazione degli elementi strategici di un piano di emergenza ed in generale delle risorse di protezione civile.
\r\nLa conoscenza dei possibili effetti locali indotti da un evento sismico su un territorio contribuisce a:
\r\n- scegliere aree e strutture di emergenza ed edifici strategici in zone stabili;
\r\n- individuare, in caso di collasso, i tratti “critici” delle infrastrutture viarie e di servizio e le opere rilevanti per le quali potrebbero essere necessarie specifiche valutazioni di sicurezza.
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\r\nNella fase della ricostruzione la Microzonazione Sismica:
\r\n- contribuisce a scegliere le aree per le abitazioni temporanee;
\r\n- fornisce elementi ai tecnici e amministratori, sull’opportunità di ricostruire gli edifici non agibili;
\r\n- contribuisce a scegliere nuove aree edificabili.
\r\nNella progettazione di nuove opere o di interventi su opere esistenti, gli studi di Microzonazione Sismica evidenziano la presenza di fenomeni di possibile amplificazione dello scuotimento legati alle caratteristiche litostratigrafiche e morfologiche dell’area e di fenomeni di instabilità e deformazione permanente attivati dal sisma. Gli studi di Microzonazione Sismica, quindi, possono offrire elementi conoscitivi utili per la progettazione di opere, con differente incisività in funzione del livello di approfondimento e delle caratteristiche delle opere stesse, indirizzando alla scelta delle indagini di dettaglio.
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\r\nLo studio di Microzonazione Sismica è uno strumento conoscitivo dalle diverse potenzialità, che ha costi differenti in funzione del livello di approfondimento che si vuole raggiungere:
\r\n- il livello 1 è un livello propedeutico ai veri e propri studi di MS, in quanto consiste in una raccolta di dati preesistenti, elaborati per suddividere il territorio in microzone qualitativamente omogenee
\r\n- il livello 2 introduce l’elemento quantitativo associato alle zone omogenee, utilizzando ulteriori e mirate indagini, ove necessarie, e definisce una vera carta di MS
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\r\nAl momento di decidere l’esecuzione dello studio, per stabilire il livello di approfondimento occorre tener presente l’utilità che da esso può derivare, in modo da compararla con i costi da affrontare. Il miglioramento della conoscenza prodotto dagli studi di MS può contribuire concretamente, insieme a studi di vulnerabilità ed esposizione, all’ottimizzazione delle risorse rese disponibili per interventi mirati alla mitigazione del rischio sismico.
\r\nLe modalità tecniche di esecuzione e di applicazione della MS sul territorio italiano sono definite dagli “Indirizzi e Criteri per la Microzonazione Sismica”, approvati recentemente dal Dipartimento della Protezione Civile e dalla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome (Gruppo di lavoro MS, 2008).
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In Italia esiste un patrimonio culturale inestimabile, costituito dall’edificato corrente dei nostri centri storici, che ancora sfugge ad una quantificazione sistematica di consistenza e qualità. Ciò ha indotto il Dipartimento della Protezione Civile a realizzare, in sinergia con il Ministero per i Beni e le Attività culturali un'applicazione web “Centri Storici e Rischio Sismico - Csrs\" di rilievo del patrimonio edilizio storico esposto al rischio sismico, da condividere con tutti i livelli di governo del territorio.

\n

L'applicazione web
\nLa Scheda web Centri Storici e Rischio Sismico - Csrs nasce come strumento condiviso di indagine per completare ed aggiornare, attraverso una rete nazionale di scambio di informazioni tra diversi livelli di governo territoriale (Dipartimento della Protezione Civile, Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Regioni, Province, Enti locali), la banca dati “Atlante dei centri storici esposti a rischio sismico”. La banca dati è finalizzata a supportare un modello di analisi del rischio di perdita di “interesse culturale” per i centri storici esposti ad eventi sismici. 

\n

Il censimento dei centri storici esposti al rischio si avvale dei risultati delle attività di collaborazione previste nell’ambito dell'Accordo per la realizzazione, gestione e sviluppo di banche dati di interesse comune ai fini della valutazione dei rischi presenti sul territorio, siglato il 21 novembre 2013. 

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In Italia esiste un patrimonio culturale inestimabile, costituito dall’edificato corrente dei nostri centri storici, che ancora sfugge ad una quantificazione sistematica di consistenza e qualità. Ciò ha indotto il Dipartimento della Protezione Civile a realizzare, in sinergia con il Ministero per i Beni e le Attività culturali un'applicazione web “Centri Storici e Rischio Sismico - Csrs\" di rilievo del patrimonio edilizio storico esposto al rischio sismico, da condividere con tutti i livelli di governo del territorio.
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\r\nL'applicazione web
\r\nLa Scheda web Centri Storici e Rischio Sismico - Csrs nasce come strumento condiviso di indagine per completare ed aggiornare, attraverso una rete nazionale di scambio di informazioni tra diversi livelli di governo territoriale (Dipartimento della Protezione Civile, Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Regioni, Province, Enti locali), la banca dati “Atlante dei centri storici esposti a rischio sismico”. La banca dati è finalizzata a supportare un modello di analisi del rischio di perdita di “interesse culturale” per i centri storici esposti ad eventi sismici. 

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Il censimento dei centri storici esposti al rischio si avvale dei risultati delle attività di collaborazione previste nell’ambito dell'Accordo per la realizzazione, gestione e sviluppo di banche dati di interesse comune ai fini della valutazione dei rischi presenti sul territorio, siglato il 21 novembre 2013. 

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Il fondo per la prevenzione del rischio sismico. L’articolo 11 della legge n. 77 del 24 giugno 2009 di conversione del decreto legge n. 39 del 28 aprile 2009 per la ricostruzione in Abruzzo, prevede che siano finanziati interventi per la prevenzione del rischio sismico su tutto il territorio nazionale, grazie ad un fondo istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze.

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La spesa autorizzata è di 44 milioni di euro per l'anno 2010, di 145,1 milioni di euro per il 2011, di 195,6 milioni di euro per ciascuno degli anni 2012, 2013 e 2014, di 145,1 milioni di euro per l'anno 2015 e di 44 milioni di euro per il 2016. L’attuazione dell’art.11 è affidata al Dipartimento della Protezione Civile e regolata attraverso ordinanze del Presidente del Consiglio dei Ministri. La cifra complessiva, che ammonta a 965 milioni di euro, pur se cospicua rispetto al passato, rappresenta solo una minima percentuale, forse inferiore all’1%, del fabbisogno che necessario per il completo adeguamento sismico di tutte le costruzioni, pubbliche e private, e delle opere infrastrutturali strategiche. Tuttavia, questa operazione consentirà la messa in sicurezza di altre strutture pubbliche proseguendo nei programmi già avviati dopo il terremoto di S. Giuliano di Puglia e potrà favorire un deciso passo avanti nella crescita di una cultura della prevenzione sismica da parte della popolazione e degli amministratori pubblici. 

\n

Con l’opcm n. 3843 del 19 gennaio 2010 è stata istituita una Commissione di esperti del rischio sismico che ha definito obiettivi e criteri generali di un’efficace azione di prevenzione da attuare con i fondi messi a disposizione dall’art.11. Gli obiettivi individuati dalla Commissione riguardano, in particolare, la mitigazione del rischio sismico attraverso azioni e interventi solo marginalmente sviluppati negli anni passati, quali: studi di microzonazione sismica per la scelta dei luoghi idonei dove costruire e interventi sull'edilizia privata, attraverso contributi economici diretti per il rafforzamento o miglioramento sismico delle strutture. Attraverso ordinanze del Presidente del Consiglio dei Ministri è regolamentato l'utilizzo dei fondi dell'art. 11, nel rispetto degli obiettivi e criteri definiti dalla Commissione di esperti. In seguito alla pubblicazione delle ordinanze che disciplinano l'uso dei fondi delle sette annualità, è stata emanata l'Ocdpc 675 del 18 maggio 2020, pubblicata in G.U. il 25 maggio 2020. Tale ordinanza ha la finalità di ottimizzare le azioni avviate nel corso degli anni, introducendo alcuni meccanismi di flessibilità nell'impiego delle risorse erogate alle Regioni.

\n

Il Fondo per la prevenzione del rischio sismico, con la legge n. 145 del 30 dicembre 2018, è stato rifinanziato per 50 milioni di euro a decorrere dal 2019. I fondi disponibili e le relative azioni per le annualità 2019, 2020 e 2021 sono disciplinati dall’ocdpc n. 780 del 20 maggio 2021, pubblicata in G.U. il 17 giugno 2021.

\n

Nelle pagine relative ai fondi erogati per ciascuna annualità sono presenti: le norme di riferimento, i documenti e gli strumenti resi disponibili per la realizzazione dei previsti interventi di prevenzione, nel rispetto di standard e criteri condivisi con le Regioni e Province autonome.

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Visita la sezione Domande e risposte relative agli aspetti generali dei finanziamenti 

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Visita la sezione Domande e risposte relativa agli interventi su edifici e opere pubbliche 

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Visita la sezione Domande e risposte relative agli interventi sugli edifici privati

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Il fondo per la prevenzione del rischio sismico. L’articolo 11 della legge n. 77 del 24 giugno 2009 di conversione del decreto legge n. 39 del 28 aprile 2009 per la ricostruzione in Abruzzo, prevede che siano finanziati interventi per la prevenzione del rischio sismico su tutto il territorio nazionale, grazie ad un fondo istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze.
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\r\nLa spesa autorizzata è di 44 milioni di euro per l'anno 2010, di 145,1 milioni di euro per il 2011, di 195,6 milioni di euro per ciascuno degli anni 2012, 2013 e 2014, di 145,1 milioni di euro per l'anno 2015 e di 44 milioni di euro per il 2016. L’attuazione dell’art.11 è affidata al Dipartimento della Protezione Civile e regolata attraverso ordinanze del Presidente del Consiglio dei Ministri. La cifra complessiva, che ammonta a 965 milioni di euro, pur se cospicua rispetto al passato, rappresenta solo una minima percentuale, forse inferiore all’1%, del fabbisogno che necessario per il completo adeguamento sismico di tutte le costruzioni, pubbliche e private, e delle opere infrastrutturali strategiche. Tuttavia, questa operazione consentirà la messa in sicurezza di altre strutture pubbliche proseguendo nei programmi già avviati dopo il terremoto di S. Giuliano di Puglia e potrà favorire un deciso passo avanti nella crescita di una cultura della prevenzione sismica da parte della popolazione e degli amministratori pubblici. 
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\r\nCon l’opcm n. 3843 del 19 gennaio 2010 è stata istituita una Commissione di esperti del rischio sismico che ha definito obiettivi e criteri generali di un’efficace azione di prevenzione da attuare con i fondi messi a disposizione dall’art.11. Gli obiettivi individuati dalla Commissione riguardano, in particolare, la mitigazione del rischio sismico attraverso azioni e interventi solo marginalmente sviluppati negli anni passati, quali: studi di microzonazione sismica per la scelta dei luoghi idonei dove costruire e interventi sull'edilizia privata, attraverso contributi economici diretti per il rafforzamento o miglioramento sismico delle strutture. Attraverso ordinanze del Presidente del Consiglio dei Ministri è regolamentato l'utilizzo dei fondi dell'art. 11, nel rispetto degli obiettivi e criteri definiti dalla Commissione di esperti. In seguito alla pubblicazione delle ordinanze che disciplinano l'uso dei fondi delle sette annualità, è stata emanata l'Ocdpc 675 del 18 maggio 2020, pubblicata in G.U. il 25 maggio 2020. Tale ordinanza ha la finalità di ottimizzare le azioni avviate nel corso degli anni, introducendo alcuni meccanismi di flessibilità nell'impiego delle risorse erogate alle Regioni.

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Il Fondo per la prevenzione del rischio sismico, con la legge n. 145 del 30 dicembre 2018, è stato rifinanziato per 50 milioni di euro a decorrere dal 2019. I fondi disponibili e le relative azioni per le annualità 2019, 2020 e 2021 sono disciplinati dall’ocdpc n. 780 del 20 maggio 2021, pubblicata in G.U. il 17 giugno 2021.
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\r\nNelle pagine relative ai fondi erogati per ciascuna annualità sono presenti: le norme di riferimento, i documenti e gli strumenti resi disponibili per la realizzazione dei previsti interventi di prevenzione, nel rispetto di standard e criteri condivisi con le Regioni e Province autonome.

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Visita la sezione Domande e risposte relative agli aspetti generali dei finanziamenti 

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Visita la sezione Domande e risposte relativa agli interventi su edifici e opere pubbliche 

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Visita la sezione Domande e risposte relative agli interventi sugli edifici privati

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Direttore: Marco Guardabassi
telefono: 06 68202283; 06 68204018
email: ufficio.pie@protezionecivile.it

\n

L'Ufficio III - Pianificazione interventi infrastrutturali di emergenza:

\n

a) Coordina le attività del Dipartimento in relazione all'elaborazione di modelli organizzativi e procedure per assicurare la realizzazione di insediamenti abitativi e strutture scolastiche e universitarie in emergenza;

\n

b) coordina le attività del Dipartimento in relazione all'elaborazione di modelli organizzativi e procedure per assicurare la continuità delle attività economiche, produttive, agricole, del settore della pesca e degli allevamenti, socio-culturali nonché delle funzioni pubbliche in emergenza;

\n

c) progetta e programma soluzioni tecniche negli ambiti di competenza di cui alle lettere a) e b);

\n

d) coordina l'azione del Dipartimento, negli ambiti di competenza di cui alle lettere a) e b), con le componenti e le strutture operative del Servizio Nazionale di Protezione civile e con le autorità indipendenti e i soggetti concorrenti di cui all'art. 13, comma 2, del Codice della protezione civile.

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L'Ufficio si articola in:

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Direttore: Marco Guardabassi
\r\ntelefono: 06 68202283; 06 68204018
\r\nemail: ufficio.pie@protezionecivile.it

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L'Ufficio III - Pianificazione interventi infrastrutturali di emergenza:

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\r\nb) coordina le attività del Dipartimento in relazione all'elaborazione di modelli organizzativi e procedure per assicurare la continuità delle attività economiche, produttive, agricole, del settore della pesca e degli allevamenti, socio-culturali nonché delle funzioni pubbliche in emergenza;
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L'Ufficio si articola in:

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Dopo un un evento sismico, le prime informazioni necessarie per le attività di immediato intervento sono la dimensione, l’estensione e la localizzazione dei danni.

\n

Per questo sono indispensabili strumenti di valutazione costruiti sulla base di simulazioni di scenari di danno che consentano di pianificare e gestire il pronto intervento in tempo reale, prima ancora dei sopralluoghi. A questi strumenti devono essere associate attività di valutazione speditiva dei danni, per consolidare le analisi preliminari e le proiezioni realizzate sulla base dei primi dati strumentali registrati dalla rete sismica di monitoraggio. In caso di terremoti al di sopra della soglia del danno viene eseguito un rilievo macrosismico speditivo con finalità di indirizzo e coordinamento dei soccorsi e delle risorse in fase di emergenza. Il rilievo consiste nell’osservazione del livello di danneggiamento e della sua distribuzione nelle diverse località colpite attribuendo a ciascuna di esse un valore di intensità macrosismica espresso in gradi della scala Mercalli Cancani Sieberg (MCS).

\n

Nelle prime ore successive a un terremoto, è di fondamentale importanza conoscere quanto prima le dimensioni dell’evento e il suo impatto sul territorio e sulla popolazione per poter dimensionare i soccorsi e organizzarli adeguatamente.

\n

Il Dipartimento dispone di un sistema informativo territoriale (Gis) in grado di generare in tempo semi-reale uno scenario di simulazione delle conseguenze dell’evento sismico. In caso di terremoto di magnitudo significativa, l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia trasmette al Dipartimento i parametri focali (magnitudo e coordinate) dell’evento. Viene immediatamente attivata una procedura automatica per la generazione di un rapporto che viene messo a disposizione della Protezione Civile entro 10 minuti dall’evento. Il rapporto contiene dati, mappe e informazioni relativi a tutti i comuni compresi in un raggio di 100 km intorno all’epicentro e in particolare:

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Dopo un un evento sismico, le prime informazioni necessarie per le attività di immediato intervento sono la dimensione, l’estensione e la localizzazione dei danni.
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\r\nPer questo sono indispensabili strumenti di valutazione costruiti sulla base di simulazioni di scenari di danno che consentano di pianificare e gestire il pronto intervento in tempo reale, prima ancora dei sopralluoghi. A questi strumenti devono essere associate attività di valutazione speditiva dei danni, per consolidare le analisi preliminari e le proiezioni realizzate sulla base dei primi dati strumentali registrati dalla rete sismica di monitoraggio. In caso di terremoti al di sopra della soglia del danno viene eseguito un rilievo macrosismico speditivo con finalità di indirizzo e coordinamento dei soccorsi e delle risorse in fase di emergenza. Il rilievo consiste nell’osservazione del livello di danneggiamento e della sua distribuzione nelle diverse località colpite attribuendo a ciascuna di esse un valore di intensità macrosismica espresso in gradi della scala Mercalli Cancani Sieberg (MCS).

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Nelle prime ore successive a un terremoto, è di fondamentale importanza conoscere quanto prima le dimensioni dell’evento e il suo impatto sul territorio e sulla popolazione per poter dimensionare i soccorsi e organizzarli adeguatamente.

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Il Dipartimento dispone di un sistema informativo territoriale (Gis) in grado di generare in tempo semi-reale uno scenario di simulazione delle conseguenze dell’evento sismico. In caso di terremoto di magnitudo significativa, l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia trasmette al Dipartimento i parametri focali (magnitudo e coordinate) dell’evento. Viene immediatamente attivata una procedura automatica per la generazione di un rapporto che viene messo a disposizione della Protezione Civile entro 10 minuti dall’evento. Il rapporto contiene dati, mappe e informazioni relativi a tutti i comuni compresi in un raggio di 100 km intorno all’epicentro e in particolare:

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La vulnerabilità sismica è la propensione di una struttura a subire un danno di un determinato livello, a fronte di un evento sismico di una data intensità.

\n

Una delle cause principali di morte durante un terremoto è il crollo degli edifici. Per ridurre la perdita di vite umane, è necessario rendere sicure le strutture edilizie. Oggi, le norme per le costruzioni in zone sismiche prevedono che gli edifici non si danneggino per terremoti di bassa intensità, non abbiano danni strutturali per terremoti di media intensità e non crollino in occasione di terremoti forti, pur potendo subire gravi danni.

\n

Un edificio può riportare danni strutturali agli elementi portanti (pilastri, travi) e/o danni non strutturali agli elementi che non ne determinano l’instabilità (camini, cornicioni, tramezzi). Il tipo di danno dipende da: struttura dell'edificio, età, materiali, luogo di realizzazione, vicinanza con altre costruzioni e elementi non strutturali. Quando si verifica un terremoto, il terreno si muove orizzontalmente e/o verticalmente, sottoponendo un edificio a spinte in avanti e indietro. L’edificio inizia così a oscillare, deformandosi. Se la struttura è duttile, e quindi capace di subire grandi deformazioni, potrà anche subire gravi danni, ma non crollerà. Il danno dipende anche dalla durata e dall’intensità del terremoto.

\n

Dopo un terremoto, per valutare la vulnerabilità degli edifici è sufficiente rilevare i danni provocati, associandoli all’intensità della scossa. Più complessa è invece la valutazione della vulnerabilità degli edifici prima che si verifichi un evento sismico. Per questa sono stati messi a punto metodi di tipo statistico, meccanicistico, o i giudizi esperti.

\n

I metodi di tipo statistico classificano gli edifici in funzione dei materiali e delle tecniche con cui sono costruiti, sulla base dei danni osservati in precedenti terremoti su edifici della stessa tipologia. Questa tecnica richiede dati di danneggiamento dei passati terremoti, non sempre disponibili, e non può essere utilizzata per valutare la vulnerabilità del singolo edificio, perché ha carattere statistico e non puntuale.
\nI metodi di tipo meccanicistico utilizzano, invece, modelli teorici che riproducono le principali caratteristiche degli edifici da valutare, su cui vengono studiati i danni causati da terremoti simulati.
\nInfine, alcuni metodi utilizzano i giudizi esperti per valutare il comportamento sismico e la vulnerabilità di predefinite tipologie strutturali, o per individuare i fattori che determinano il comportamento delle costruzioni e valutarne la loro influenza sulla vulnerabilità.

\n

Per poter valutare la vulnerabilità degli edifici su tutto il territorio nazionale è necessario ricorrere a metodi statistici che utilizzino dati omogenei sulle caratteristiche degli stessi. Per il territorio italiano sono disponibili i dati dei censimenti Istat sulle abitazioni, che vengono utilizzati nell’applicazione di metodi statistici.

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La vulnerabilità sismica è la propensione di una struttura a subire un danno di un determinato livello, a fronte di un evento sismico di una data intensità.
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\r\nUna delle cause principali di morte durante un terremoto è il crollo degli edifici. Per ridurre la perdita di vite umane, è necessario rendere sicure le strutture edilizie. Oggi, le norme per le costruzioni in zone sismiche prevedono che gli edifici non si danneggino per terremoti di bassa intensità, non abbiano danni strutturali per terremoti di media intensità e non crollino in occasione di terremoti forti, pur potendo subire gravi danni.
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\r\nUn edificio può riportare danni strutturali agli elementi portanti (pilastri, travi) e/o danni non strutturali agli elementi che non ne determinano l’instabilità (camini, cornicioni, tramezzi). Il tipo di danno dipende da: struttura dell'edificio, età, materiali, luogo di realizzazione, vicinanza con altre costruzioni e elementi non strutturali. Quando si verifica un terremoto, il terreno si muove orizzontalmente e/o verticalmente, sottoponendo un edificio a spinte in avanti e indietro. L’edificio inizia così a oscillare, deformandosi. Se la struttura è duttile, e quindi capace di subire grandi deformazioni, potrà anche subire gravi danni, ma non crollerà. Il danno dipende anche dalla durata e dall’intensità del terremoto.
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\r\nDopo un terremoto, per valutare la vulnerabilità degli edifici è sufficiente rilevare i danni provocati, associandoli all’intensità della scossa. Più complessa è invece la valutazione della vulnerabilità degli edifici prima che si verifichi un evento sismico. Per questa sono stati messi a punto metodi di tipo statistico, meccanicistico, o i giudizi esperti.

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I metodi di tipo statistico classificano gli edifici in funzione dei materiali e delle tecniche con cui sono costruiti, sulla base dei danni osservati in precedenti terremoti su edifici della stessa tipologia. Questa tecnica richiede dati di danneggiamento dei passati terremoti, non sempre disponibili, e non può essere utilizzata per valutare la vulnerabilità del singolo edificio, perché ha carattere statistico e non puntuale.
\r\nI metodi di tipo meccanicistico utilizzano, invece, modelli teorici che riproducono le principali caratteristiche degli edifici da valutare, su cui vengono studiati i danni causati da terremoti simulati.
\r\nInfine, alcuni metodi utilizzano i giudizi esperti per valutare il comportamento sismico e la vulnerabilità di predefinite tipologie strutturali, o per individuare i fattori che determinano il comportamento delle costruzioni e valutarne la loro influenza sulla vulnerabilità.

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Per poter valutare la vulnerabilità degli edifici su tutto il territorio nazionale è necessario ricorrere a metodi statistici che utilizzino dati omogenei sulle caratteristiche degli stessi. Per il territorio italiano sono disponibili i dati dei censimenti Istat sulle abitazioni, che vengono utilizzati nell’applicazione di metodi statistici.

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Il primo obiettivo di un programma generale di protezione dai terremoti è la salvaguardia della vita umana. Per questa ragione è molto importante valutare il numero delle persone coinvolte, decedute e/o ferite.

\n

I motivi che causano la perdita di vite umane possono essere di diverso tipo: crollo di edifici, di ponti e altre costruzioni, ma anche incidenti stradali. A questi si aggiungono quelli legati a fenomeni innescati dal terremoto, come frane, liquefazione dei terreni, maremoti, incendi. Da alcune statistiche svolte sui principali terremoti nel mondo è stato rilevato che circa il 25 % dei morti causati da un terremoto sono dovuti a danni non strutturali degli edifici (caduta di tramezzi, vetrate, cornicioni, tegole, ecc.) e a fenomeni indotti dal terremoto.

\n

Generalmente è possibile stimare, con un certo margine di errore e specialmente per i terremoti più forti, quante persone sono rimaste coinvolte, attraverso calcoli che si basano sul numero degli edifici crollati o danneggiati. Per poter fare queste stime sono necessarie alcune considerazioni su:

\n

E’ molto difficile stimare con precisione le conseguenze di un terremoto in termini di vite umane nei diversi momenti del giorno e dell’anno. Il numero di persone che risiedono in un’abitazione, infatti, varia da regione a regione, dalla città alla campagna e dipende dalle dimensioni del nucleo familiare. Inoltre, durante il giorno, il numero delle persone presenti in un edificio dipende dal suo utilizzo. Ad esempio, negli uffici, la presenza è massima nelle ore centrali del giorno ed è pressoché nulla durante la notte. In un’abitazione di città, invece, la presenza delle persone di sera e di notte è mediamente inferiore rispetto ad un’abitazione di campagna, perché esistono più attività, ludiche e lavorative, che si svolgono in quegli orari e spesso fuori casa. Il riferimento alla tipologia di edifici e ai relativi abitanti, comunque, può fornire una stima globale accettabile per terremoti violenti che interessino vaste aree.

\n

Altro aspetto rilevante dell’esposizione è la presenza in Italia di un patrimonio culturale inestimabile, costituito dall’edificato corrente dei nostri centri storici, che ancora sfugge ad una quantificazione sistematica di consistenza e qualità.
\nIl primo passo per la prevenzione e mitigazione del rischio sismico del patrimonio storico architettonico è, ovviamente, la conoscenza dei beni esposti. È stato, perciò, avviato in collaborazione con il Ministero della Cultura- MiC un censimento a scala nazionale dei centri storici esposti al rischio e lo sviluppo di un metodo di indagine conoscitiva sulla vulnerabilità dell’edificato storico, attraverso messa a punto di un apposito strumento web “Centri Storici e Rischio Sismico - Csrs\" di rilievo, da condividere con tutte le istituzioni competenti sul territorio.

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Il primo obiettivo di un programma generale di protezione dai terremoti è la salvaguardia della vita umana. Per questa ragione è molto importante valutare il numero delle persone coinvolte, decedute e/o ferite.
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\r\nGeneralmente è possibile stimare, con un certo margine di errore e specialmente per i terremoti più forti, quante persone sono rimaste coinvolte, attraverso calcoli che si basano sul numero degli edifici crollati o danneggiati. Per poter fare queste stime sono necessarie alcune considerazioni su:

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E’ molto difficile stimare con precisione le conseguenze di un terremoto in termini di vite umane nei diversi momenti del giorno e dell’anno. Il numero di persone che risiedono in un’abitazione, infatti, varia da regione a regione, dalla città alla campagna e dipende dalle dimensioni del nucleo familiare. Inoltre, durante il giorno, il numero delle persone presenti in un edificio dipende dal suo utilizzo. Ad esempio, negli uffici, la presenza è massima nelle ore centrali del giorno ed è pressoché nulla durante la notte. In un’abitazione di città, invece, la presenza delle persone di sera e di notte è mediamente inferiore rispetto ad un’abitazione di campagna, perché esistono più attività, ludiche e lavorative, che si svolgono in quegli orari e spesso fuori casa. Il riferimento alla tipologia di edifici e ai relativi abitanti, comunque, può fornire una stima globale accettabile per terremoti violenti che interessino vaste aree.

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Altro aspetto rilevante dell’esposizione è la presenza in Italia di un patrimonio culturale inestimabile, costituito dall’edificato corrente dei nostri centri storici, che ancora sfugge ad una quantificazione sistematica di consistenza e qualità.
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Per gestire efficacemente un’emergenza post sisma rivestono un ruolo fondamentale le attività speditive di valutazione del danno e dell’agibilità sul patrimonio edilizio pubblico, privato e sugli edifici di interesse culturale. Tali attività hanno infatti l’obiettivo di salvaguardare la pubblica incolumità, garantire, se possibile, il rientro tempestivo della popolazione nelle proprie abitazioni e realizzare le prime misure urgenti di messa in sicurezza degli edifici per ridurre i disagi delle persone colpite e gli ulteriori possibili danni. 

\n

In tali contesti sono chiamati a operare, da un lato, i Vigili del Fuoco che, nell’ambito delle proprie competenze e attribuzioni, tra le loro attività, realizzano rilievi speditivi per verificare e favorire la percorribilità delle strade, controllare la fruibilità dei fabbricati e perimetrare le aree da sottoporre a interdizione preventiva. Dall’altro lato, in simultanea, agiscono tecnici del Servizio Nazionale della protezione civile che, dotati di adeguate competenze professionali e opportunamente formati, hanno il compito di procedere all’analisi puntuale, seppur speditiva, degli edifici, realizzando sopralluoghi con l’ausilio di schede tecniche di valutazione (Scheda Aedes e GL-Aedes). A tale scopo con il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri dell’8 luglio 2014 è stato istituito il Nucleo Tecnico Nazionale che va nella direzione di razionalizzare, secondo uno schema predefinito in tempo di pace, la mobilitazione di tecnici esperti per le verifiche di agibilità post sismica in emergenza.

\n

Ai tecnici da iscrivere nel Nucleo Tecnico Nazionale, provenienti dalla Pubblica Amministrazione, dalle organizzazioni di volontariato e da Ordini e Collegi professionali, sono rivolte le Indicazioni operative del 29 ottobre 2020, finalizzate a integrare le loro pregresse competenze ed esperienze professionali con conoscenze che ne consentano l’impiego nell’emergenza post-sismica.

\n

Queste attività speditive post emergenza sismica richiedono un notevole grado di standardizzazione delle procedure e un controllo qualitativo costante nella gestione e organizzazione di rilevamenti e sopralluoghi. Con l’obiettivo di definire modalità coordinate e integrate di organizzazione e realizzazione di tali attività, il 12 febbraio 2021 sono state emanate dal Dipartimento le Indicazioni operative per il raccordo e il coordinamento delle attività di sopralluogo tecnico speditivo post-sisma.

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Per gestire efficacemente un’emergenza post sisma rivestono un ruolo fondamentale le attività speditive di valutazione del danno e dell’agibilità sul patrimonio edilizio pubblico, privato e sugli edifici di interesse culturale. Tali attività hanno infatti l’obiettivo di salvaguardare la pubblica incolumità, garantire, se possibile, il rientro tempestivo della popolazione nelle proprie abitazioni e realizzare le prime misure urgenti di messa in sicurezza degli edifici per ridurre i disagi delle persone colpite e gli ulteriori possibili danni. 

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In tali contesti sono chiamati a operare, da un lato, i Vigili del Fuoco che, nell’ambito delle proprie competenze e attribuzioni, tra le loro attività, realizzano rilievi speditivi per verificare e favorire la percorribilità delle strade, controllare la fruibilità dei fabbricati e perimetrare le aree da sottoporre a interdizione preventiva. Dall’altro lato, in simultanea, agiscono tecnici del Servizio Nazionale della protezione civile che, dotati di adeguate competenze professionali e opportunamente formati, hanno il compito di procedere all’analisi puntuale, seppur speditiva, degli edifici, realizzando sopralluoghi con l’ausilio di schede tecniche di valutazione (Scheda Aedes e GL-Aedes). A tale scopo con il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri dell’8 luglio 2014 è stato istituito il Nucleo Tecnico Nazionale che va nella direzione di razionalizzare, secondo uno schema predefinito in tempo di pace, la mobilitazione di tecnici esperti per le verifiche di agibilità post sismica in emergenza.

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Ai tecnici da iscrivere nel Nucleo Tecnico Nazionale, provenienti dalla Pubblica Amministrazione, dalle organizzazioni di volontariato e da Ordini e Collegi professionali, sono rivolte le Indicazioni operative del 29 ottobre 2020, finalizzate a integrare le loro pregresse competenze ed esperienze professionali con conoscenze che ne consentano l’impiego nell’emergenza post-sismica.

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Queste attività speditive post emergenza sismica richiedono un notevole grado di standardizzazione delle procedure e un controllo qualitativo costante nella gestione e organizzazione di rilevamenti e sopralluoghi. Con l’obiettivo di definire modalità coordinate e integrate di organizzazione e realizzazione di tali attività, il 12 febbraio 2021 sono state emanate dal Dipartimento le Indicazioni operative per il raccordo e il coordinamento delle attività di sopralluogo tecnico speditivo post-sisma.

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A supporto delle attività di rilievo del danno svolte sugli edifici a seguito di un terremoto, anche in attuazione delle Indicazioni operative emanate il 12 febbraio 2021, il Dipartimento della protezione civile ha realizzato il dataset, cioè la cartografia digitale, degli aggregati strutturali presenti in tutta Italia. Al progetto hanno collaborato Regioni, Province Autonome e Agenzia delle Entrate.

\n

Si tratta di una raccolta dati di grande dettaglio sull’edificato del nostro Paese creata, in prevalenza, a partire dalle informazioni contenute nei database geotopografici delle Regioni e Province autonome italiane. Nei casi in cui i dati non erano disponibili in forma completa e aggiornata, la raccolta è stata integrata con la cartografia dei fabbricati catastali. Inoltre, gli aggregati strutturali sono stati ripartiti sulla base dei confini delle unità amministrative territoriali ISTAT, aggiornati al 2021.

\n

A differenza quindi dei dati di origine relativi all’edificato, eterogenei per le loro provenienze e modalità di realizzazione - anche da un punto di vista temporale e dei sistemi di riferimento geografici - il prodotto finale derivato da questo progetto, ha garantito un’armonizzazione a livello nazionale delle informazioni e delle elaborazioni effettuate e dei contenuti generati.

\n

Il dataset viene rilasciato con licenza Open CC-BY 4.0 per il libero riutilizzo di tutti gli interessati e si potrà integrare con analoghe cartografie già realizzate a livello locale, a seguito dei più importanti eventi sismici occorsi, a partire da quello che ha colpito la provincia de L’Aquila nel 2009. Il dataset potrà costituire:

\n

I dati cartografici, suddivisi per macro-regioni, e i relativi metadati sono già disponibili per il libero riutilizzo, attraverso la piattaforma GitHub, unitamente a informazioni di carattere generale sull’intero progetto. I dati sono stati resi disponibili in formato shapefile e necessitano di software specifici (GIS) per essere consultati. Questi i link da cui accedere:

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A supporto delle attività di rilievo del danno svolte sugli edifici a seguito di un terremoto, anche in attuazione delle Indicazioni operative emanate il 12 febbraio 2021, il Dipartimento della protezione civile ha realizzato il dataset, cioè la cartografia digitale, degli aggregati strutturali presenti in tutta Italia. Al progetto hanno collaborato Regioni, Province Autonome e Agenzia delle Entrate.

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Si tratta di una raccolta dati di grande dettaglio sull’edificato del nostro Paese creata, in prevalenza, a partire dalle informazioni contenute nei database geotopografici delle Regioni e Province autonome italiane. Nei casi in cui i dati non erano disponibili in forma completa e aggiornata, la raccolta è stata integrata con la cartografia dei fabbricati catastali. Inoltre, gli aggregati strutturali sono stati ripartiti sulla base dei confini delle unità amministrative territoriali ISTAT, aggiornati al 2021.

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A differenza quindi dei dati di origine relativi all’edificato, eterogenei per le loro provenienze e modalità di realizzazione - anche da un punto di vista temporale e dei sistemi di riferimento geografici - il prodotto finale derivato da questo progetto, ha garantito un’armonizzazione a livello nazionale delle informazioni e delle elaborazioni effettuate e dei contenuti generati.

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Il dataset viene rilasciato con licenza Open CC-BY 4.0 per il libero riutilizzo di tutti gli interessati e si potrà integrare con analoghe cartografie già realizzate a livello locale, a seguito dei più importanti eventi sismici occorsi, a partire da quello che ha colpito la provincia de L’Aquila nel 2009. Il dataset potrà costituire:

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In Italia esiste un patrimonio culturale inestimabile, costituito dall’edificato corrente dei nostri centri storici, che ancora sfugge ad una quantificazione sistematica di consistenza e qualità. Ciò ha indotto il Dipartimento della Protezione Civile a realizzare, in sinergia con il Ministero per i Beni e le Attività culturali un'applicazione web “Centri Storici e Rischio Sismico - Csrs\" di rilievo del patrimonio edilizio storico esposto al rischio sismico, da condividere con tutti i livelli di governo del territorio.

\n

L'applicazione web
\nLa Scheda web Centri Storici e Rischio Sismico - Csrs nasce come strumento condiviso di indagine per completare ed aggiornare, attraverso una rete nazionale di scambio di informazioni tra diversi livelli di governo territoriale (Dipartimento della Protezione Civile, Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Regioni, Province, Enti locali), la banca dati “Atlante dei centri storici esposti a rischio sismico”. La banca dati è finalizzata a supportare un modello di analisi del rischio di perdita di “interesse culturale” per i centri storici esposti ad eventi sismici. 

\n

Il censimento dei centri storici esposti al rischio si avvale dei risultati delle attività di collaborazione previste nell’ambito dell'Accordo per la realizzazione, gestione e sviluppo di banche dati di interesse comune ai fini della valutazione dei rischi presenti sul territorio, siglato il 21 novembre 2013. 

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In Italia esiste un patrimonio culturale inestimabile, costituito dall’edificato corrente dei nostri centri storici, che ancora sfugge ad una quantificazione sistematica di consistenza e qualità. Ciò ha indotto il Dipartimento della Protezione Civile a realizzare, in sinergia con il Ministero per i Beni e le Attività culturali un'applicazione web “Centri Storici e Rischio Sismico - Csrs\" di rilievo del patrimonio edilizio storico esposto al rischio sismico, da condividere con tutti i livelli di governo del territorio.
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Il censimento dei centri storici esposti al rischio si avvale dei risultati delle attività di collaborazione previste nell’ambito dell'Accordo per la realizzazione, gestione e sviluppo di banche dati di interesse comune ai fini della valutazione dei rischi presenti sul territorio, siglato il 21 novembre 2013. 

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ll 12 febbraio 2021 sono state emanate dal Dipartimento della protezione civile le Indicazioni operative per il raccordo e il coordinamento delle attività di sopralluogo tecnico speditivo post-sisma. Obiettivo del documento, rivolto a componenti e strutture operative del Servizio Nazionale di protezione civile, chiarire scopi e fasi temporali dei diversi ambiti di ricognizione messi in atto, a seguito di una emergenza, dai Vigili del Fuoco e da tecnici formati appartenenti alle componenti, alle strutture operative e ai soggetti concorrenti del Servizio Nazionale.

\n

Le Indicazioni Operative derivano da un approfondito e articolato percorso di condivisione interistituzionale che ha previsto la creazione di un tavolo di confronto tra Dipartimento e Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco e una successiva condivisione delle osservazioni formulate con Regioni, Province Autonome e altri soggetti interessati. 

\n

Tra gli ambiti di applicazione del documento è previsto il suo recepimento all’interno delle singole pianificazioni di protezione civile, ai diversi livelli territoriali e istituzionali, in particolare nella definizione delle procedure della funzione di supporto dedicata al censimento del danno e di rilievo dell’agibilità post-sisma.

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Anche in attuazione delle Indicazioni operative, il Dipartimento ha realizzato, a supporto delle attività di rilievo del danno,  il dataset, cioè la cartografia digitale, degli aggregati strutturali presenti in tutta Italia. Al progetto hanno collaborato Regioni, Province Autonome e Agenzia delle Entrate.

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ll 12 febbraio 2021 sono state emanate dal Dipartimento della protezione civile le Indicazioni operative per il raccordo e il coordinamento delle attività di sopralluogo tecnico speditivo post-sisma. Obiettivo del documento, rivolto a componenti e strutture operative del Servizio Nazionale di protezione civile, chiarire scopi e fasi temporali dei diversi ambiti di ricognizione messi in atto, a seguito di una emergenza, dai Vigili del Fuoco e da tecnici formati appartenenti alle componenti, alle strutture operative e ai soggetti concorrenti del Servizio Nazionale.

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Le Indicazioni Operative derivano da un approfondito e articolato percorso di condivisione interistituzionale che ha previsto la creazione di un tavolo di confronto tra Dipartimento e Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco e una successiva condivisione delle osservazioni formulate con Regioni, Province Autonome e altri soggetti interessati. 

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Tra gli ambiti di applicazione del documento è previsto il suo recepimento all’interno delle singole pianificazioni di protezione civile, ai diversi livelli territoriali e istituzionali, in particolare nella definizione delle procedure della funzione di supporto dedicata al censimento del danno e di rilievo dell’agibilità post-sisma.

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Anche in attuazione delle Indicazioni operative, il Dipartimento ha realizzato, a supporto delle attività di rilievo del danno,  il dataset, cioè la cartografia digitale, degli aggregati strutturali presenti in tutta Italia. Al progetto hanno collaborato Regioni, Province Autonome e Agenzia delle Entrate.

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Le seguenti indicazioni operative sono inerenti alla valutazione dell’impatto, censimento dei danni e rilievo dell’agibilità post-sisma sulle strutture pubbliche e private e sugli edifici di interesse culturale, in caso di eventi emergenziali di cui all’art. 7, comma 1, del d.lgs n.1 del 2 gennaio 2018 – codice della protezione civile.

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Le seguenti indicazioni operative sono inerenti alla valutazione dell’impatto, censimento dei danni e rilievo dell’agibilità post-sisma sulle strutture pubbliche e private e sugli edifici di interesse culturale, in caso di eventi emergenziali di cui all’art. 7, comma 1, del d.lgs n.1 del 2 gennaio 2018 – codice della protezione civile.

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Le indicazioni sono state emanate il 29 ottobre 2020

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