Rischio vulcanico. Le attività
Il Dipartimento, direttamente o in collaborazione con altri soggetti del Servizio Nazionale di Protezione Civile, svolge attività di previsione, prevenzione e mitigazione del rischio vulcanico sul territorio italiano e adotta misure per ridurre la perdita di vite umane e di beni in caso di eruzione.
Si occupa inoltre di seguire le fasi di gestione e superamento delle emergenze.
Tra i rischi di protezione civile, quello vulcanico viene spesso considerato un rischio “prevedibile” perché si ritiene possano essere riconosciuti e misurati i fenomeni che pre-annunciano la risalita del magma verso la superficie, per questo detti “precursori” (terremoti, fratturazioni del terreno, deformazioni dell’edificio vulcanico, variazioni nell’emissione dei gas e delle temperature dei fluidi, ecc.). Si tratta però di una semplificazione che non tiene conto della complessità e dell’estrema variabilità delle fenomenologie vulcaniche e della difficoltà a valutarle e interpretarle.
E’ infatti più appropriato considerare i fenomeni precursori solo come indicatori di un processo in atto che se opportunamente e adeguatamente studiati, analizzati e monitorati, possono dare un’idea dello stato di attività del vulcano e delle sue possibili evoluzioni, consentendo di individuare eventuali anomalie. Per questo motivo, alcuni di questi parametri, vengono misurati attraverso reti di stazioni installate sui vulcani attivi e osservati con differenti metodologie, ad esempio, da satellite o con sorvoli o, più semplicemente, con sopralluoghi diretti sul campo.
Tuttavia, anche se questi fenomeni vengono studiati e monitorati puntualmente, non è possibile prevedere con certezza, anche per le peculiarità che caratterizzano ogni vulcano, quando e come potrà avvenire un’eruzione vulcanica. Allo stato attuale delle conoscenze, non è infatti ipotizzabile alcuna forma di previsione deterministica.
Alcune importanti informazioni rispetto al comportamento di un vulcano si possono trarre però dall’analisi accurata e approfondita della sua storia eruttiva. In questo senso, è possibile fare valutazioni di pericolosità in termini probabilistici, per capire che “tipo” di eruzione si verificherà, i possibili scenari e le aree che saranno eventualmente interessate dagli effetti dell’attività vulcanica. Queste valutazioni sono la base per individuare lo scenario di riferimento di un’eruzione futura e la perimetrazione delle aree potenzialmente soggette a fenomeni pericolosi, utilizzate nelle pianificazioni di emergenza (ad es. zona rossa e zona gialla del Vesuvio e dei Campi Flegrei).
Tuttavia, è bene ricordare che le previsioni di tipo probabilistico, non sono sempre possibili e non per ogni tipologia di fenomeno. Inoltre, queste previsioni sono fortemente condizionate dalla disponibilità di adeguate e numerose serie storiche di osservazioni collegabili all’effettivo verificarsi di eventi. Applicazioni di tipo probabilistico sono possibili solo per alcune fenomenologie che caratterizzano i vulcani attivi in forma permanente, ad esempio l’Etna e lo Stromboli, per i quali, si stanno sperimentando sistemi finalizzati all’individuazione “precoce”, nella loro fase iniziale, di eventi esplosivi di elevata intensità.
Riassumendo, la valutazione dello stato di attività di un vulcano e della sua possibile evoluzione, consiste in un complesso processo che si basa su:
- monitoraggio puntuale e costante dei parametri fisici e chimici e delle fenomenologie caratteristiche del vulcano;
- rilevamento tempestivo e comunicazione immediata di anomalie dei parametri o di eventi significativi che indicano un processo in atto;
- analisi della situazione in atto, in raffronto alla storia eruttiva, anche mediante la consultazione di esperti nell’ambito della comunità scientifica di settore.
Tutte queste informazioni consentono alle strutture di protezione civile sia locali sia nazionali di elaborare le valutazioni di rischio di competenza e di attivare le eventuali misure di allertamento e di risposta operativa.
Il soggetto istituzionalmente preposto all’attività di monitoraggio e sorveglianza dei vulcani italiani è l’INGV-Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia. In particolare, i vulcani dell’area campana sono monitorati dall’Osservatorio Vesuviano presso la sezione dell’Ingv di Napoli. I vulcani dell’area siciliana sono monitorati dalla Sezione dell’Ingv di Catania-Osservatorio Etneo. All’attività di monitoraggio dei parametri dell’attività vulcanica concorrono anche altre sezioni dell’Ingv (ad esempio, quella di Palermo) nonché da Università e altri Istituti di ricerca.
A supporto della valutazioni di rischio di competenza del Servizio nazionale della protezione civile opera la Commissione nazionale per la previsione e la prevenzione dei Grandi Rischi, massimo organo di consulenza scientifica del Dipartimento della protezione civile, attraverso una propria sezione dedicata al rischio Vulcanico, composta da alcuni dei maggiori esperti vulcanologi a livello nazionale.
Per consentire l’elaborazione delle pianificazioni di emergenza relative ai vulcani attivi in Italia, in linea con quanto previsto anche a livello internazionale, sono stati individuati per il Vesuvio, i Campi Flegrei, l’Etna, lo Stromboli e l'isola di Vulcano specifici “livelli di allerta” che descrivono lo stato di attività di ciascun vulcano, indicando se si trova in una condizione di equilibrio o disequilibrio. Per questi cinque vulcani, i livelli di allerta vengono già utilizzati mentre sono in via di elaborazione quelli per il vulcano Ischia.
I livelli di allerta sono individuati sulla base della combinazione di parametri di monitoraggio e di dati relativi a eventuali eventi in corso. Sono rappresentati attraverso quattro colori – verde, giallo, arancione e rosso – che sono indicativi della possibile evoluzione dello stato di attività del vulcano verso scenari di evento “di rilevanza nazionale” che richiedono cioè di essere fronteggiati con mezzi e poteri straordinari, attraverso l’intervento coordinato di una pluralità di soggetti (art.2, comma 1 lettera c della legge 225/92). E’ il caso di vulcani come Vesuvio e Campi Flegrei.
L’Etna, lo Stromboli e l'isola di Vulcano invece sono caratterizzati da una tipologia di attività vulcanica che può comportare anche eventi di impatto locale che non necessariamente evolvono verso scenari di rilevanza nazionale. Per questo motivo, per questi vulcani sono stati individuati, anche scenari riferibili a fenomeni di scala, intensità e impatto tali da determinare situazioni di emergenza di livello locale, fronteggiabili dai soggetti competenti in via ordinaria (Regione e Comuni).
I livelli di allerta sono dichiarati dal Dipartimento della protezione civile, in stretto raccordo con le rispettive strutture di protezione civile regionali, sentito il parere, se i tempi e le modalità di evoluzione delle fenomenologie vulcaniche lo consentono, della Commissione Grandi Rischi - Settore Rischio Vulcanico. La valutazione si basa sulle segnalazioni delle fenomenologie e sulle valutazioni di pericolosità rese disponibili dall’Ingv-Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia e dagli altri Centri di Competenza, con particolare riguardo, per i vulcani siciliani, al Dipartimento di scienze della terra dell’Università di Firenze.
Per ogni vulcano, il passaggio da un livello di allerta al successivo può avvenire in anticipo rispetto al verificarsi delle fenomenologie, se le informazioni fornite dai Centri di Competenza lo consentono. In caso contrario, il passaggio può essere decretato a fenomeno osservato, quindi avvenuto o in corso. A questo proposito è utile sottolineare che il passaggio di livello di allerta può non avvenire necessariamente in modo sequenziale o graduale, essendo sempre possibili variazioni repentine o improvvise dell’attività dei vulcani, anche del tutto impreviste.
Occorre tener presente che alcune fenomenologie sono del tutto imprevedibili e improvvise - come l’attività esplosiva violenta all’Etna e allo Stromboli o l’attività esplosiva freatica e l’esalazione di gas sull'isola di Vulcano - pertanto anche quando il livello di allerta è “verde” il rischio per questi vulcani non è mai assente. Quando si verificano questi eventi, non necessariamente viene variato il livello di allerta, poiché si determina una condizione di “emergenza locale” che richiede l’attivazione della risposta operativa delle strutture territoriali di protezione civile.
La pianificazione di emergenza ha un ruolo fondamentale nell’ambito delle attività di prevenzione. In considerazione delle fenomenologie attese e dell’elevata esposizione del territorio che potenzialmente può essere coinvolto, per il rischio vulcanico tale attività viene svolta, in molti casi, a partire dal livello nazionale. I vulcani italiani hanno evidentemente caratteristiche diverse, con diverse tipologie di effetti e di rischio, e i piani nazionali e territoriali di emergenza sono basati su scenari di riferimento e livelli di allerta propri di ciascun vulcano.
La pianificazione di emergenza per il rischio vulcanico si basa su uno o più scenari di riferimento che descrivono le fenomenologie attese e individuano il territorio esposto tenendo conto dello stato attuale del vulcano, sulla base della sua storia eruttiva, e con l’aiuto di modelli di simulazione fisico-matematici che permettono di calibrare meglio le ipotesi relative agli effetti delle fenomenologie sul territorio. Anche per l’individuazione di questi scenari, e per approfondire le conoscenze sul rischio vulcanico e migliorare così le metodologie e le azioni di protezione civile, il Dipartimento promuove dei progetti di ricerca in ambito vulcanologico.
La pianificazione nazionale viene elaborata per gli scenari che hanno un impatto rilevante sul territorio, tale da richiedere l’intervento del Servizio nazionale della protezione civile ed individua la più opportuna strategia di intervento da porre in essere in caso di emergenza (quali allontanamento della popolazione dalle aree a rischio, gemellaggi, misure di salvaguardia ed assistenza). Per le fenomenologie con minor impatto sono gli enti territoriali, anche con il supporto del Dipartimento, ad avere il compito di individuare le misure operative da intraprendere nelle proprie pianificazioni di emergenza.
Sulla base dell’attività del monitoraggio del vulcano avviene la valutazione da parte della comunità scientifica dello “stato del vulcano” e, nella maggior parte dei casi, delle possibili evoluzioni dei fenomeni anche nel breve periodo. In tal senso la pianificazione di emergenza si basa sui livelli di allerta, che rappresentano, per ciascun vulcano attivo italiano, una schematizzazione dello stato di attività vulcanica esprimendo, sulla base delle fenomenologie e delle valutazioni di pericolosità rese disponibili dai centri di competenza, una condizione di equilibrio/disequilibrio del sistema vulcanico nel suo complesso attraverso quattro colori: verde, giallo, arancione e rosso.
A partire dai livelli di allerta, ma anche sulla base di altre valutazioni di natura operativa, nella pianificazione è prevista l’attivazione di fasi operative, cui corrispondono le misure di emergenza che le diverse componenti e strutture operative del sistema devono attuare e prevedere nelle rispettive pianificazioni di settore, per garantire una risposta coordinata di diversi soggetti per il conseguimento di obiettivi specifici e settoriali.
Ai diversi livelli territoriali per gli enti e le amministrazioni coinvolte, vengono organizzate esercitazioni di protezione civile per testare le procedure operative previste nelle pianificazioni e informare la popolazione, ma anche attività specifiche di educazione e informazione agli operatori ed alla popolazione quali incontri educativi, volti ad incrementare la conoscenza e la percezione dei rischi, dei piani di emergenza, delle norme di comportamento da osservare in caso di crisi anche da parte dei singoli cittadini e per far crescere la cultura di protezione civile.
Le pianificazioni di emergenza inoltre dovrebbero essere recepite nelle pianificazioni territoriali, per ridurre l’esposizione al rischio anche evitando nuove costruzioni nelle aree individuate, e elaborando regolamentazioni urbanistiche che riducano la vulnerabilità delle costruzioni, non solo per il rischio sismico, ma anche per alcune fenomenologie vulcaniche di minore impatto (es. caduta e accumulo di ceneri).