Etna

L’Etna, con i suoi 3350m di altitudine e 35km di diametro alla base, è il vulcano più grande d’Europa. Situato lungo la costa orientale della Sicilia, ricopre un’area di circa 1250km2 ed è limitato a nord dai monti Nebrodi e Peloritani e a sud dalla piana alluvionale del fiume Simeto.

La sua formazione risale a circa 100mila anni fa. Negli anni, l’alternanza di attività effusiva ed esplosiva, con colate di lava e depositi piroclastici, ha portato alla stratificazione di prodotti vulcanici. Per questo, l’Etna si definisce uno strato-vulcanico di natura basaltica.

Le sue bocche eruttive si trovano nella parte sommitale dell'edificio vulcanico e sono Bocca Nuova, Voragine, Cratere di nord-est e Cratere di sud-est. Ciascuna di esse ha un diametro di circa 200m. Sulle pendici del vulcano si trovano inoltre centinaia di piccoli coni “avventizi”, che si sono generati nel corso dei millenni durante eruzioni dai fianchi laterali.

La struttura morfologica principale del vulcano è la Valle del Bove, una depressione che si apre verso il mare, sul fianco orientale del vulcano. La valle è larga circa 5km e lunga 8, mentre la scarpata, nella sua parte più scoscesa è alta 1200m. La sua origine risale a circa 10.000 anni fa quando il susseguirsi di eruzioni esplosive provocò alcuni collassi o frane lungo il fianco del vulcano.

Attualmente il livello di allerta per l’Etna è giallo.

Ogni mese, di norma, il Dipartimento della protezione civile organizza videoconferenze con i Centri di competenza preposti al monitoraggio dell’attività vulcanica sull’Etna: l'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv) di Catania e Palermo, il Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università degli Studi di Firenze e l'Istituto per il rilevamento elettromagnetico dell'ambiente (Irea) del Cnr-Consiglio Nazionale delle Ricerche. Alle videoconferenze partecipa anche il Dipartimento della protezione civile della Regione Siciliana.

Sulla base delle fenomenologie e delle valutazioni di pericolosità rese disponibili dai Centri di Competenza, il Dipartimento della protezione civile dichiara i livelli di allerta e le fasi operative in stretto raccordo con la struttura di protezione civile della Regione Siciliana, sentito il parere, se i tempi e le modalità di evoluzione delle fenomenologie vulcaniche lo consentono, della Commissione Grandi Rischi - Settore Rischio Vulcanico.

All'esito delle videoconferenze il Dipartimento emette un documento in cui vengono riportati gli esiti delle videoconferenze.
Attualmente il livello di allerta per l'Etna è giallo.

Il Dipartimento della protezione civile, in accordo con la Regione Siciliana e con il supporto dei Centri di Competenza, ha introdotto dal 1 febbraio 2016 alcune modifiche all’assetto del sistema di allertamento nazionale per il rischio vulcanico. In particolare per il vulcano Etna, queste modifiche hanno avuto l’obiettivo di inquadrare meglio i profili di responsabilità e le competenze dei differenti livelli istituzionali e territoriali, sia rispetto alla valutazione della pericolosità e dei rischi, sia rispetto all’attivazione della risposta operativa nel caso in cui si verifichino scenari di impatto locale o nazionale.

Livelli di allerta. I livelli di allerta descrivono lo stato di attività del vulcano, cioè se il vulcano è in una condizione di equilibrio o disequilibrio. Sono individuati sulla base della combinazione di parametri di monitoraggio e di dati relativi a eventuali eventi in corso. Sono rappresentati attraverso quattro colori – verde, giallo, arancione e rosso – che sono indicativi della possibile evoluzione dello stato di attività del vulcano verso scenari di evento “di rilevanza nazionale”, che richiedono cioè di essere fronteggiati con mezzi e poteri straordinari, attraverso l’intervento coordinato di una pluralità di soggetti (art.2, comma 1 lettera c della legge 225/92).

Dichiarazione dei livelli di allerta. I livelli di allerta sono dichiarati dal Dipartimento della protezione civile, in stretto raccordo con la struttura di protezione civile della Regione Siciliana, sentito il parere, se i tempi e le modalità di evoluzione delle fenomenologie vulcaniche lo consentono, della Commissione Grandi Rischi - Settore Rischio Vulcanico.

La valutazione si basa sulle segnalazioni delle fenomenologie e sulle valutazioni di pericolosità rese disponibili dai Centri di Competenza che per l’Etna sono l’Osservatorio etneo dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia e l’Università di Firenze. Il Dipartimento della protezione civile condivide tutte queste informazioni con la struttura di protezione civile della regione Siciliana che, soprattutto in relazione a scenari di impatto locale, ha il compito di allertare le strutture territoriali di protezione civile e adottare eventuali misure in risposta alle situazioni emergenziali.

Passaggio di livello di allerta. Il passaggio da un livello di allerta al successivo può avvenire in anticipo rispetto al verificarsi delle fenomenologie, se le informazioni fornite dai Centri di Competenza lo consentono. In caso contrario, il passaggio può essere decretato a fenomeno osservato, quindi avvenuto o in corso. A questo proposito è utile sottolineare che il passaggio di livello di allerta può non avvenire necessariamente in modo sequenziale o graduale, essendo sempre possibili variazioni repentine o improvvise dell’attività vulcanica, anche del tutto impreviste.

Occorre tener presente che alcune fenomenologie dell'Etna sono del tutto imprevedibili e improvvise, pertanto anche quando il livello di allerta è “verde” il rischio non è mai assente. Quando si verificano questi eventi non accompagnati da anomalie dei parametri di monitoraggio o da ulteriori fenomenologie, non necessariamente viene variato il livello di allerta, poiché si determina una condizione di “emergenza locale” che richiede l’attivazione della risposta operativa delle strutture territoriali di protezione civile.

Le eruzioni dell'Etna sono caratterizzate prevalentemente da attività stromboliana, effusione di colate laviche ed emissioni di ceneri. Possono avvenire dai crateri sommitali o da bocche che si aprono sui fianchi del vulcano, dando luogo in molti casi a coni avventizi come quelli che si ritrovano in gran quantità sulle pendici dell'Etna. L'attività stromboliana interessa generalmente un'area limitata intorno alla bocca eruttiva e non rappresenta un agente di rischio per i centri abitati.

Le colate laviche dell'Etna, a causa della loro viscosità e della conseguente bassa velocità di scorrimento, non sono tali da costituire un pericolo per l'incolumità delle persone. Nel caso in cui la fuoriuscita di lava avvenga da bocche poste ad alta quota, raramente i flussi raggiungono i centri abitati. Solamente nel caso di eruzioni di lunga durata, si può presentare tale eventualità.

Nel caso in cui le colate giungano a minacciare un centro abitato, è comunque normalmente possibile attuare interventi di condizionamento del loro percorso, mediante tecniche differenti che possono consistere nella costruzione di barriere in terra, nella brecciatura degli argini dei canali per provocarne il deflusso in direzione diversa, nell'escavazione di canali artificiali, ecc., come è stato già fatto nel corso delle eruzioni del 1983, 1992, 2001 e 2002. E' bene sottolineare che, negli ultimi due casi, gli interventi erano volti a proteggere infrastrutture turistiche poste ad alta quota, ben lontane dai centri abitati.

Il rischio maggiore si ha quando l'effusione di lava avviene da bocche poste a bassa quota: in tal caso il tempo per effettuare interventi di condizionamento dei flussi sarebbe chiaramente ridotto e più probabilmente si dovrebbe ricorrere all'evacuazione della popolazione dalle aree minacciate, in conformità ai piani d'emergenza.

Le emissioni di cenere, abbastanza frequenti, seppur non costituiscono un fattore di rischio per la vita umana, possono causare notevoli disagi al settore dei trasporti, danni economici e, in caso di esposizione prolungata senza opportune precauzioni, patologie all'apparato respiratorio. La ricaduta di ceneri causa notevoli danni all'agricoltura, forti disagi alla circolazione aerea e alla gestione degli aeroporti di Catania Fontanarossa, Sigonella e di Reggio Calabria.

Le misure di prevenzione adottate nel caso di ricaduta di grandi quantità di ceneri, come durante l’eruzione 2002-2003, prevedono la distribuzione di mascherine protettive, per evitare complicazioni alle vie respiratorie, la pulizia dei tetti delle abitazioni, delle strade e autostrade, al fine di evitare incidenti e l'intasamento delle reti fognarie.

Per la sorveglianza dello stato di attività dell’Etna si utilizzano diversi sistemi di monitoraggio che misurano parametri geofisici, geodetici e geochimici. Il numero di stazioni sismiche permanenti presenti alle quote medio-alte del vulcano, permette di eseguire un accurato controllo della sismicità locale anche di bassa magnitudo. Inoltre, alcuni dei siti di installazione sono impianti multi-parametrici che ospitano cioè stazioni infrasoniche, sensori accelerometrici, Gps e stazioni meteo.

La rete di monitoraggio si basa inoltre sull’osservazione delle immagini registrate dalle telecamere di sorveglianza, operanti nelle bande visibili e termiche e localizzate sui versanti orientale e meridionale del vulcano, nonché sull’analisi delle immagini acquisite dal satellite Meteosat e delle immagini satellitari radar ad alta risoluzione della costellazione Cosmo-SkyMed, che permettono l’osservazione del vulcano anche in caso di copertura nuvolosa.

Il sistema strumentale di monitoraggio presente sull’Etna è tra più avanzati al mondo e consente normalmente di prevedere con buon anticipo l'inizio di un'eruzione. In particolare, contente di prevedere soprattutto le eruzioni laterali che, per le loro caratteristiche, vengono normalmente precedute da sequenze sismiche ben identificabili che permettono di individuare con buona precisione in che zona si aprirà la bocca eruttiva.

 

L'Etna raggiunge i 3350m di altitudine, pertanto gli escursionisti devono tenere presente che, sebbene il clima siciliano sia particolarmente mite, salendo in quota si incontrano condizioni di alta montagna, con temperature ben più basse e frequenti raffiche di vento. Inoltre, il passaggio dal livello del mare all'alta montagna nel raggio di pochi chilometri, determina repentini cambiamenti meteorologici dovuti alle correnti d'aria umida che provengono dal mare che si incontrano con le masse di aria fredda. A chi intende effettuare l'escursione, si consiglia quindi di vestire con scarpe da trekking, giacca a vento e berretto per ripararsi dal sole e di portare con sé acqua e cibo.

Prima di effettuare un'escursione è inoltre indispensabile informarsi sullo stato di attività del vulcano e sui rischi ai quali ci si espone. Per le escursioni è quindi consigliato rivolgersi alle guide autorizzate, a meno che non si abbia una buona e continuamente aggiornata conoscenza del territorio e dei pericoli connessi all’attività vulcanica.

Inoltre, occorre tenere presente che le mappe reperibili sul mercato possono non essere aggiornate: le frequenti fasi eruttive infatti mutano continuamente e profondamente la morfologia dei luoghi, creando nuovi coni e campi lavici accidentati.

L’Etna si trova nella zona di collisione continentale tra la placca euroasiatica e la placca africana. In questa zona, la presenza di un importante sistema di faglie distensive ha permesso la risalita del magma dal mantello, dando origine al vulcanismo.

Le rocce più antiche del vulcano si sono generate durante eruzioni effusive sottomarine avvenute circa 550.000 anni fa. In questo periodo infatti l’area in cui sorge l’Etna era occupata da un vasto golfo e la lava che fuoriusciva da fratture del fondale, raffreddandosi repentinamente a contatto con l’acqua, ha dato origine alle cosiddette pillow lavas o “lave a cuscino”, visibili tuttora sulla rupe di Aci Castello. A partire da circa 300.000 anni fa, sono poi seguite eruzioni in ambiente emerso.

Fino ai tempi recenti l’Etna veniva considerato un vulcano prevalentemente effusivo, cioè caratterizzato soprattutto dall’emissione di colate laviche. In realtà negli ultimi 15.000 anni la sua attività è stata caratterizzata da ricorrenti eruzioni esplosive, alcune delle quali hanno originato caldere.

Nelle ultime centinaia di anni si sono susseguite infatti con una certa frequenza eruzioni esplosive di bassa energia ed effusioni laviche, alimentate sia dalle bocche eruttive sommitali del vulcano sia da bocche laterali. Queste eruzioni - della durata di alcuni giorni o anche di anni - hanno più volte danneggiato le aree urbanizzate che si trovano sulle pendici del vulcano, a causa dell’accumulo di ceneri e scorie e dello scorrimento di colate di lava.