Panarea
Situata circa a metà strada tra le isole di Lipari e Stromboli, Panarea è la più piccola delle Isole Eolie con una superficie di soli 3,4 km2.
Come altre isole dell'arco eoliano, Panarea fa parte di un grande apparato vulcanico per lo più sommerso, ad una profondità compresa tra 1200 m e 1700 m, di cui la parte emersa rappresenta l’orlo di una depressione vulcano-tettonica di forma ellittica orientata in direzione Est-Ovest.
La struttura vulcanica si estende complessivamente per 460 km2, andando a costituire nell’insieme un grande cono modellato e modificato non solo dall’attività eruttiva, ma anche da faglie, erosione e variazioni della linea di costa. Ne derivano una costa occidentale caratterizzata da una ripida falesia, mentre a Est e a Sud i versanti degradano verso il mare con zone pianeggianti.
In mare, verso Est, vi sono poi una serie di scogli (Lisca Bianca, Bottaro, Lisca Nera, Dattilo, i Panarelli, le Formiche) e lo scosceso isolotto di Basiluzzo.
Sebbene vicina a Stromboli, Panarea ha una storia vulcanologica completamente diversa: mentre Stromboli è un vulcano ancora attivo, le ultime eruzioni di Panarea sono datate decine di migliaia di anni fa e di molte strutture vulcaniche restano solamente piccole tracce.
Panarea quindi sebbene si trovi in uno stato di quiescenza, è caratterizzata da manifestazioni che testimoniano un vulcanismo molto giovane. Esiste infatti, tra gli isolotti e scogli ad Est dell’isola, una zona caratterizzata da attività esalativa, con fumarole sottomarine attive, luogo di importanti emissioni gassose nell'autunno 2002.
L’assetto geologico dell’area di Panarea è il risultato di un’attività vulcanica piuttosto complessa caratterizzata da eventi effusivi ed esplosivi, e non è semplice ricostruirne le fasi iniziali poiché la gran parte dei depositi si trova sotto il livello del mare.
La parte emersa si è costruita a partire da circa 150.000 anni fa, in base alle datazioni recenti ricavate dai prodotti delle prime eruzioni avvenute in superficie. I prodotti più antichi visibili in superficie, legati all’attività di molteplici centri effusivi, sono lave che si trovano nella zona occidentale e settentrionale dell’isola.
A seguito di alternanze tra periodi di stasi e di ripresa dell’attività eruttiva, prevalentemente di tipo effusivo, intorno a 130.000 anni fa, nella zona sud-orientale dell'isola avvennero diverse eruzioni esplosive. Mentre le colate di lava si espandevano e i duomi di lava crescevano uno accanto all'altro, dando forma all'isola maggiore, l'area a mare in corrispondenza degli scogli Panarelli, Dattilo, Lisca Nera, Bottarto e Lisca Bianca, era anch’essa interessata da eruzioni.
A partire da 59.000 anni fa, le eruzioni divennero prevalentemente di tipo esplosivo. Sottili strati di scorie scure, attribuite a queste esplosioni, si trovano in diversi punti dell'isola.
Nel lungo intervallo tra le due fasi eruttive, l'isola subì un'intensa azione erosiva da parte del mare e in parte venne coperta da depositi sedimentari di tipo marino.
Le ultime eruzioni avvennero in corrispondenza dell'isolotto di Basiluzzo, tra 59 e 54.000 anni fa. Alla fine di questo ciclo, un’intensa attività tettonica ha sconvolto la morfologia dell’isola: tutto il settore centrale si è ribassato come testimoniato anche dai resti archeologici di antiche terme romane.
Manifestazioni vulcaniche sono presenti tutt’oggi in forma di attività fumarolica, diffusa ad una profondità di circa 20 m, tra le isole di Bottaro, Dattilo, Lisca Nera, Lisca Bianca e Panarelli. Sono inoltre presenti emissioni sulla spiaggia della Calcara e sul fondale del tratto di mare prospiciente la spiaggia stessa.
Panarea si trova in una condizione di quiescenza con manifestazioni vulcaniche rappresentate per lo più da fumarole diffuse intensamente nella parte sommersa del complesso vulcanico ad una profondità di circa 20 m, tra le isole di Bottaro, Dattilo, Lisca Nera, Lisca Bianca e Panarelli. Tali emissioni sono inoltre presenti sulla spiaggia della Calcara e sul fondale del tratto di mare prospiciente la spiaggia stessa.
Una tipologia di rischio indirettamente connesso all’attività vulcanica è rappresentato dai movimenti franosi. Alcuni versanti, infatti, anche in condizioni ordinarie, risultano instabili a causa dell’elevata pendenza dei versanti.
Oltre al pericolo indotto dall’improvviso scivolamento di masse rocciose, un pericolo aggiuntivo può essere la formazione di onde di maremoto dovute all’ingresso in mare di frane di grandi dimensioni.
La struttura preposta al monitoraggio dell’attività vulcanica sull’isola di Panarea è l'Osservatorio Etneo – Sezione di Catania dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv).
La rete si compone di sistemi di monitoraggio della sismicità e delle deformazioni del suolo. Vengono inoltre effettuate misure e campionamenti periodici di acque e gas.
Nelle prime ore del mattino del 3 novembre 2002, di fronte alla costa orientale dell’isola, i pescatori locali avvertirono un forte odore di zolfo e avvistarono il mare in ribollimento, con pesci morti in superficie e cambiamento di colore dell'acqua.
Il fenomeno avveniva in tre punti di fronte all'isola.
Una zona era a Ovest di Lisca Bianca in direzione di Dattilo, dove il gas arrivava in superficie sotto forma di bolle di qualche metro di diametro.
In una seconda area, a Ovest di Bottaro, l'emissione di gas era ancora più intensa e avveniva da una profondità intorno ai 20 m.
La terza zona occupava una superficie più piccola, tra Bottaro e Lisca Nera. Intorno alle fumarole, l'acqua aveva una temperatura intorno ai 22-23°C, non diversa da quella misurata presso il molo dell'isola, mentre l’acidità era maggiore rispetto a quella comunemente osservata nelle acque marine.
L'emissione di gas fu così intensa che l'odore di acido solfidrico era percepibile a grandi distanze. Tuttavia, nel corso di pochi giorni l'attività si ridusse notevolmente, continuando con intensità minore fino al gennaio del 2003.