Vesuvio
Il Vesuvio è situato a meno di 12km a sud-est della città di Napoli e a circa 10km da Pompei, in un’area popolata sin dall’antichità. Questo ha permesso di raccogliere numerose testimonianze sulla sua attività, rendendolo uno dei vulcani più conosciuti al mondo. L’eruzione di gran lunga più famosa è quella del 79 d.C. che distrusse Pompei, Ercolano e Stabia.
Il complesso vulcanico del Somma-Vesuvio è composto da un edificio più antico, il Somma, caratterizzato da una caldera, e da un cono più giovane, il Vesuvio, cresciuto all’interno della caldera dopo l’eruzione di Pompei del 79 d.C..
Dal 1944, anno della sua ultima eruzione, il vulcano si trova in stato di quiescenza caratterizzato solo da attività fumarolica e bassa sismicità. Non si registrano fenomeni precursori indicativi di una possibile ripresa a breve termine dell’attività eruttiva. Il Vesuvio è sorvegliato 24 ore su 24 dalla rete di monitoraggio dell’Osservatorio Vesuviano, la sezione di Napoli dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, Ingv.
Per salvaguardare la vita delle circa 700mila persone che vivono alle falde del vulcano, il Dipartimento ha realizzato un Piano nazionale di protezione civile con la collaborazione di tutte le componenti e le strutture operative del Servizio Nazionale di Protezione Civile.
Attualmente il livello di allerta al Vesuvio è verde, ossia non si registra alcun fenomeno anomalo rispetto all’ordinaria attività che caratterizza da decenni il vulcano.
L’ultima eruzione del Vesuvio, avvenuta nel 1944, ha segnato la fine di un periodo di attività vulcanica a condotto aperto e l'inizio di un periodo di quiescenza, a condotto ostruito. Da allora ad oggi, infatti, il vulcano ha dato solo attività fumarolica e sciami sismici di moderata energia, senza deformazioni del suolo o variazioni significative dei parametri fisici e chimici del sistema.
I Centri di competenza preposti al monitoraggio dell’attività vulcanica sul Vesuvio sono: l’Osservatorio Vesuviano dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv) e l'Istituto per il rilevamento elettromagnetico dell'ambiente (Irea) del Cnr-Consiglio Nazionale delle Ricerche.
Sulla base delle fenomenologie e delle valutazioni di pericolosità rese disponibili dai Centri di Competenza, il Dipartimento della protezione civile dichiara i livelli di allerta e le fasi operative in stretto raccordo con la struttura di protezione civile della Regione Campania, sentito il parere della Commissione Grandi Rischi - Settore Rischio Vulcanico.
Attualmente il livello di allerta per il Vesuvio è verde.
Il Vesuvio è un vulcano intorno al quale, nell’arco dei secoli, si sono insediate molte comunità fino a diventare una delle zone più densamente popolate d’Italia. Alle sue falde, infatti, oggi vivono circa 700mila persone e per questo è considerato uno dei vulcani a più alto rischio nel mondo.
Nel corso della sua storia, il Vesuvio è stato caratterizzato dall'alternanza di periodi di attività eruttiva, a condotto aperto, e periodi di riposo, a condotto ostruito, caratterizzati da assenza di attività eruttiva e da accumulo di magma in una camera magmatica posta in profondità.
Tali periodi sono interrotti da eruzioni molto energetiche, alle quali fanno poi seguito periodi di attività a condotto aperto con frequenti eruzioni effusive o esplosive di bassa energia.
L'eruzione del 1631 ha interrotto un periodo di riposo che durava da quasi cinque secoli. Dal 1631 al 1944 le eruzioni vulcaniche sono state costanti e intervallate da periodi di riposo di pochi anni.
Secondo gli studi più recenti, l’evento vulcanico che con maggiore probabilità si potrebbe verificare al Vesuvio è un’eruzione stromboliana violenta (VEI=3), con ricaduta di materiali piroclastici e formazione di colate di fango o lahars. Sulla base di ricerche condotte a partire da indagini geofisiche, inoltre, non si è rilevata la presenza di una camera magmatica superficiale con volume sufficiente a generare un’eruzione di tipo Pliniano. Pertanto risulta poco probabile un evento di questo tipo.
Sulla base di queste osservazioni, la commissione incaricata di aggiornare il Piano ha stabilito che lo scenario di riferimento sia un evento di tipo sub-Pliniano, simile a quello del 1631 e analogo a quello già assunto nel precedente Piano. Questo scenario prevede la formazione di una colonna eruttiva sostenuta alta diversi chilometri, la caduta di bombe vulcaniche e blocchi nell'immediato intorno del cratere e di particelle di dimensioni minori - ceneri e lapilli - anche a diverse decine di chilometri di distanza, nonché la formazione di flussi piroclastici che scorrerebbero lungo le pendici del vulcano per alcuni chilometri.
Sulla base di questo scenario, sono state così individuate le zone potenzialmente soggette ai diversi fenomeni previsti, per le quali è stato elaborato un Piano nazionale d'emergenza che prevede azioni differenziate.
All'interno della pianificazione nazionale di protezione civile per il rischio vulcanico al Vesuvio sono state individuate, in particolare, una zona rossa e una zona gialla.
La zona rossa comprende: un’area esposta alla possibile invasione di flussi piroclastici che, per le loro elevate temperature e velocità, rappresentano il fenomeno più pericoloso per le persone e un’area soggetta ad elevato rischio di crollo delle coperture degli edifici per l’accumulo di depositi piroclastici, come ceneri vulcaniche e lapilli.
Fanno parte della zona rossa 25 Comuni delle Province di Napoli e Salerno: Boscoreale, Boscotrecase, Cercola, Ercolano, Massa di Somma, Ottaviano, Pollena Trocchia, Pompei, Portici, Sant’Anastasia, San Giorgio a Cremano, San Sebastiano al Vesuvio, San Giuseppe Vesuviano, Somma Vesuviana, Terzigno, Torre Annunziata, Torre del Greco, Trecase, Palma Campania, Poggiomarino, San Gennaro Vesuviano e Scafati, e solo in parte le circoscrizioni di Barra, Ponticelli e San Giovanni a Teduccio del Comune di Napoli, il Comune di Nola e l’enclave di Pomigliano d’Arco nel Comune di Sant’Anastasia.
La zona gialla, esterna alla zona rossa, comprende l’area che in caso di eruzione è esposta alla significativa ricaduta di cenere vulcanica e di materiali piroclastici, il cui accumulo potrebbe danneggiare alcuni edifici. Fanno parte della zona gialla 63 Comuni e tre circoscrizioni del Comune di Napoli.
Per maggiori informazioni sulla pianificazione nazionale di emergenza per il rischio vulcanico al Vesuvio e consultare la mappa dove sono individuate zona rossa e zona gialla, è possibile leggere questo approfondimento.
Il complesso vulcanico del Somma-Vesuvio è composto da un edificio più antico, il Somma, caratterizzato da una caldera, e da un cono più giovane, il Vesuvio, cresciuto all’interno della caldera dopo l’eruzione di Pompei del 79 d.C..
La storia eruttiva del Somma-Vesuvio, la cui età è inferiore a 39.000 anni, può essere suddivisa in periodi distinti, ciascuno caratterizzato da diversi stili di attività.
Tra 39.000 e 20.000 anni fa circa, l’attività è stata caratterizzata da eruzioni prevalentemente effusive e subordinatamente esplosive di bassa energia, ed è in questo periodo che si ha la formazione del vulcano antico, l’attuale Monte Somma.
Un’importante variazione nello stile di attività del vulcano si è verificata circa 19.000 anni fa, quando da un'attività prevalentemente effusiva si è passati ad un’attività di tipo esplosivo. Attorno a 18.000 anni fa, infatti, dopo un lungo periodo di riposo, si è verificata la prima e più grande eruzione pliniana (Pomici di Base). Altre grandi eruzioni pliniane, tutte precedute da lunghi periodi di inattività, si sono succedute fino alla nota eruzione di Pompei del 79 d.C (Pomici di Mercato, 8.000 anni; Pomici di Avellino, 3.500 anni).
L’eruzione del 79 d.C., avvenuta dopo circa tre secoli di riposo del vulcano, rappresenta uno degli eventi più violenti e distruttivi della storia del Vesuvio ed è stata definita pliniana in ricordo della descrizione che Plinio il Giovane ci ha tramandato. L’eruzione, durata meno di due giorni, ha emesso nell’atmosfera circa 4 km3 di ceneri e lapilli; l’attività fu caratterizzata da diverse fasi che hanno prodotto effetti diversi sul territorio, fino a distanze dal vulcano di centinaia di km e fu catastrofica per Pompei, Ercolano e Stabia.
Dopo l’eruzione del 79 d.C. si sono verificate innumerevoli eruzioni stromboliane ed effusive che hanno portato alla graduale edificazione del Gran Cono vesuviano e alla messa in posto di colate laviche sui versanti meridionali ed occidentali dell’edificio vulcanico. L’attività eruttiva ha da allora conosciuto due importanti periodi di riposo, seguita in entrambi i casi da eventi esplosivi di grande energia, come l’eruzione del 472 e quella del 1631, di natura subpliniana. Durante l’eruzione del 1631 tutta la fascia di paesi compresi tra l’abitato di Pollena a nord, e quello di Torre Annunziata a sud-ovest, fu devastata dallo scorrimento di flussi piroclastici, che uccisero oltre 5mila persone.
Nel periodo compreso tra il 1631 e il 1906, data in cui si è verificato uno dei due eventi di maggiore energia del secolo scorso, il vulcano ha mostrato un’attività stromboliana quasi continua, associata ad attività effusiva. L’evento del 1906 é stato caratterizzato da un’attività esplosiva ed effusiva di intensità variabile ed ha causato numerosi morti e feriti per il collasso di tetti in seguito all’accumulo di ceneri.
L’eruzione del 1944 chiude un periodo di attività più o meno continua a condotto aperto; tale evento, caratterizzato da attività di tipo effusivo ed esplosivo, ha causato la morte di 21 persone per il crollo dei tetti e la quasi totale distruzione dei paesi di San Sebastiano, Massa di Somma e Terzigno.
Gli studiosi ritengono che l'eruzione del 1944 abbia segnato la fine di un periodo di attività a condotto aperto e l'inizio di un periodo di quiescenza a condotto ostruito. Dal 1944 ad oggi, il Vesuvio ha dato solo attività fumarolica e sciami sismici di moderata energia, senza deformazioni del suolo o variazioni significative dei parametri fisici e chimici del sistema.